L’eliminazione dalla Champions League per la Juventus è una ferita ancora aperta, che brucia. “Così è un fallimento”, scrive Damascelli
Per il terzo anno di fila, la Juventus è fuori dalla Champions League prima del tempo. Ajax ai quarti di finale, poi Lione e ora il Porto, agli ottavi, hanno costretto i bianconeri ad abbandonare il sogno della coppa dalle grandi orecchie, e fa male. Anche perché, nelle varie finestre di calciomercato, la squadra era stata costruita proprio per arrivare a quel traguardo, soprattutto con l’innesto di Cristiano Ronaldo, che ieri è stato uno dei peggiori in campo per la Vecchia Signora.
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La ferita per l’eliminazione agli ottavi di finale di Champions League per la Juventus è ancora molto fresca, e sanguina parecchio. Di parole di conforto ne arrivano decisamente poche, anzi. Negli editoriali del giorno dopo, ad andare per la maggiore, è il disastro. Perché il Porto, l’ultimo avversario dei bianconeri, era alla portata. E invece niente.
Nell’analisi di Tony Damascelli, per esempio, sul ‘Giornale’, non ci si va leggeri. Già dal titolo si capisce cosa voglia dire il giornalista nel suo commento: “Fuori da tutto. Non è un’offesa parlare di vero fallimento“, si legge come prima cosa. E poi continua: “Una serata da dimenticare. Una vittoria inutile. Mille partite dentro la stessa partita, il Porto ha spiazzato il pronostico, elimina la Juventus che ha visto l’inferno, il paradiso e di nuovo l’inferno, la squadra finisce sul binario morto, agli ultimi fiati dei supplementari“.
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Basterebbe, in effetti, per descrivere la brutta serata degli uomini di Pirlo, ma per Damascelli la non vittoria di ieri non è una rondine che fa primavera: “Fuori dall’Europa, fuori dalla lotta verso lo scudetto, si può scrivere il sostantivo fallimento senza essere eccessivi o offensivi“, inizia nel pezzo.
“La realtà è amarissima, gli investimenti saltano in aria, smascherati da un avversario non certo irresistibile, il Porto, dopo il Lione e dopo l’Ajax segnano l’incomunicabilità bianconera con la Champions League – scrive ancora il giornalista -, cambiano gli allenatori il risultato è lo stesso, Cristiano Ronaldo è stato il grande assente“. E sul fenomeno portoghese, si sbilancia ulteriormente: “L’eliminazione della squadra è anche forse la fine del rapporto tra il fuoriclasse e il club a fine stagione“.
Damascelli considera i bianconeri come dottor Jekyll e mister Hyde: “Il riassunto di questa notte ha visto due Juventus, disastrosa nel primo tempo, caparbia, potente, reattiva, favorita dall’espulsione di Taremi, nel secondo tempo, ribaltando il risultato grazie a CF22, dico Federico Chiesa uomo della partita a differenza di Cristiano Ronaldo, negativo, incapace di cambiare il risultato, se non per un assist al primo gol di Chiesa ma poi sbagliando i palloni più semplici”. E se non ci fosse stato Chiesa.
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“La squadra, dopo il vantaggio del Porto, ha denunciato limiti caratteriali preoccupanti ma già manifestati in campionato, nel caos tattico soltanto Chiesa ha ribadito di essere un purosangue, lottando e soffrendo, cercando da solo di risolvere situazioni complicate. L’intervallo e la superiorità numerica, la crescita di Arthur, il lavoro di Rabiot, lo strapotere fisico di Chiesa sono stati i segni distintivi del cambiamento bianconero, la traversa colpita da Cuadrado nel giro ultimo prima dei supplementari è stato il segnale di una serata maligna e sofferta che deve fare riflettere soprattutto Pirlo“, spiega ancora.
Ma la sfortuna non basta e non si devono cercare alibi: “La squadra non ha identità definita, gli infortuni sono una giustificazione parziale anche se la condizione fisica di alcuni porta gli strascichi di una convalescenza affrettata, sta di fatto che finora la Juventus è vissuta sui gol in campionato di Ronaldo e la forza strepitosa, anche europea, di Chiesa. Il resto accadrà. Il peggio è già avvenuto“, conclude.
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