La Premier League nasconde segreti oscuri, trame inaspettate e un enorme giro di soldi che coinvolge i proprietari dei più importanti club inglesi. Fino ad oggi nessuno aveva mai puntato il dito contro il campionato più bello d’Europa in modo tanto minaccioso come ha fatto recentemente un’inchiesta del Tax Justice Network. Anzi, in passato il solo pensiero che la Premier convivesse con meccanismi quanto mai sospetti sarebbe stato accolto da risa e pernacchie. Invece la realtà che è venuta a galla appare ben diversa dallo stereotipo più comune che disegna il calcio inglese come un paradiso. Paradiso sì, ma fiscale. E dentro c’è spazio per tutti o quasi.
Dei 92 club iscritti a Premier, Championship e le due Football League, 28 sono proprietà di azionisti stranieri. Fin qui niente di strano ma è il domicilio delle holding che controllano gli stessi club che ha fatto alzare le antenne al Tax Justice Network. Una squadra su tre appartiene in sostanza a società domiciliate in veri e propri paradisi fiscali: Isole Cayman, Bermuda, Delaware ma anche Abu Dhabi, Bahamas e Malesia. Da qui partono due considerazioni: una riguardante la compravendita dei club, l’altra l’evasione fiscale.
Dalla creazione della Premier League ad oggi sempre più investitori stranieri hanno deciso di spendere i loro denari per acquistare club inglesi. Nel frattempo l’esplosione dei diritti televisivi ha garantito sempre più ricchezza alle squadre britanniche. Di conseguenza quei pionieri che si erano coraggiosamente incamminati nel business del calcio hanno visto premiare il loro coraggio. Il valore X di una società al momento dell’acquisto in poco tempo è lievitato diventando X al quadrato se non al cubo. E ogni stagione che passa i diritti televisivi continuano a inondare d’oro questi club controllati da società registrate fuori dai confini della Gran Bretagna, per lo più in paradisi fiscali. Ecco che se improvvisamente il proprietario di una di queste squadre si mettesse alla scrivania e facesse due conti potrebbe notare una discreta convenienza nel cedere il suo giocattolo. Già, perché vendendo il club (o parte di esso) ad altri acquirenti il nostro amico potrebbe non pagare il cosiddetto capital gain, cioè la tassa sulla plusvalenza rispetto alla cifra stanziata per l’acquisto iniziale della squadra. Che in Inghilterra nella sua forma più elevata è pari al 28%. Il giochetto è semplice e facile: 1) acquistare un club inglese 2) farlo controllare da società offshore create appositamente e domiciliate in paradisi fiscali 3) aspettare l’impennata del valore della squadra grazie ai diritti televisivi e 4) cederla senza pagarci tasse.
E qui veniamo alla seconda considerazione. La cessione del club non è sempre scontata anche perché chi ha pazienza nell’investire capitali nel calcio potrebbe accumulare, nel giro di poche stagioni, notevoli ricchezze grazie all’evasione fiscale. In Premier e nelle serie minori troviamo casistiche di tutte le specie che hanno un comune denominatore: soldi che entrano nel Regno Unito da molto lontano e guadagni che finiscono nei paradisi fiscali dove le tasse sono irrisorie o nulle. Di seguito elenchiamo i casi più eclatanti che possiamo trovare, alla luce del sole, nel panorama calcistico d’Oltremanica. Ecco a quanto ammontano fin qui gli investimenti effettuati da squadre inglesi con base fiscale in paradisi offshore. La rilevazione del Tax Justice Network è uscita la scorsa primavera e da allora quasi sicuramente i valori proposti saranno aumentati notevolmente ma poco importa perché il nostro obiettivo è focalizzare l’attenzione su quanto è fin qui accaduto (e continuerà ad accadere) nel campionato più bello del mondo: la Premier League.
MANCHESTER CITY – Il Manchester City dello sceicco Mansour è posseduto dall’Abu Dhabi United Group Investment and Development, società offshore domiciliata negli Emirati Arabi Uniti, precisamente ad Abu Dhabi. Da qui, a più di 7 mila chilometri da Manchester, sono arrivate complessivamente oltre 450 milioni di sterline ovvero il 69% delle finanze complessive del club.
MANCHESTER UNITED – Sull’altra sponda della città troviamo lo United, di proprietà della famiglia americana dei Glazer ed iscritto al registro società delle Cayman, esattamente come le minori Birmingham, Coventry e Cheltenham. Il Manchester United, da più tempo attivo sul mercato, ha fatto meglio dei cugini in termini di spesa economica e presenta una struttura molto più complessa, quasi cervellotica. I Diavoli Rossi hanno usufruito di oltre un bilione di sterline proveniente dal Mare delle Antille grazie alla Manchester United PLC, società quotata a Wall Street e controllata da Red Football Lcc di proprietà Glazer e registrata a Delaware (Usa). Il 66% del capitale dei Red Devils proviene dall’offshore finance.
BOLTON – In un panorama simile non passa inosservato il Bolton, serie B inglese, che grazie alla Fildraw Private Trust Company Limited, domiciliata nelle Bermuda, ha contato su oltre 150 milioni di sterline provenienti dall’offshore. Ma questi soldi fanno parte in realtà di un misterioso prestito proveniente dalla Moonshift Investments Limited e altre società: insomma, un vero e proprio rompicapo. In sintesi, nonostante il proprietario del club sia ufficialmente Eddie Davies, è complicato capire chi controlli effettivamente questa squadra.
TOTTENHAM – A 8608 chilometri da Londra, alle Bahamas, troviamo l’ENIC International, società offshore che controlla e finanzia le attività degli Spurs. Il 51% della finanza del Tottenham, ossia ben oltre i 116 milioni di sterline, proviene da questo idilliaco panorama situato tra Atlantico e Mar dei Caraibi. I rappresentati della squadra londinese dichiarano a gran voce di pagare tutte le tasse nel Regno Unito e che il club non intende commentare questioni fiscali dei suoi soci.
ARSENAL – Chi controlla i Gunners? Il 66,8% è proprietà di Stan Kroenke che ha dirottato la sua KSE UK Inc (che ha fin qui sborsato oltre 242 milioni di sterline ovvero il 33% delle finanze del club) negli Usa, a Delaware, a oltre 5 mila chilometri dall’Emirates Stadium. In questo paradiso fiscale anonimato e privacy non mancano affatto. Il 30% del club è controllato invece da Red and White Securities Ltd, registrata nel Jersey. In definitiva l’Arsenal è un universo complesso: il presidente del club è inglese ma al suo fianco a contare sono le partecipazioni azionarie dei magnati Kroenke, Usmanov e Moshiri che ogni anno garantiscono alla squadra ingenti quantità di denaro.
LIVERPOOL E ASTON VILLA – I Reds sono controllati dall’UKSV I e UKSV II LLC, due holding offshore che hanno garantito oltre 127 milioni di sterline provenienti dagli Usa. Discorso simile per i Villains, di proprietà di Reform Acquisitions LLC (Usa) in grado di garantire 97 milioni di sterline mediante la società offshore.
QPR – Questa squadra è controllata da due holding offshore: il 67% spetta a Tune QPR SND BHD, registrata in Malesia, mentre il restante 33% spetta a Sea Dram Ltd, attiva in quel di Malta. La maggior parte dei soldi investiti nel calcio dal club – si parla circa di 165 milioni di sterline ovvero l’80% della sua finanza complessiva – arriva dall’Oriente, oltre 10 mila chilometri dal Regno Unito. Qui il regime fiscale è decisamente più morbido rispetto a quello inglese.
I casi che abbiamo elencato rappresentano soltanto la punta di un iceberg immenso che coinvolge club di ogni serie. Il risultato finale lascia comunque sconcertati visto che il 42% del capitale investito nel calcio britannico arriva in Inghilterra dall’estero, da paradisi più o meno fiscali. Ed è qui e secondo i regimi fiscali vigenti che le varie squadre pagano le tasse su guadagni e plusvalenze. Il meccanismo che abbiamo descritto è un ottimo ombrello capace di mettere al riparo squadre più o meno importanti dalla tenaglia del fisco. E l’evasione fiscale è dietro l’angolo.
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