LIGA – Partiamo da un dato, magari banale ma utile a fare chiarezza. Il Barcellona ha meritato il titolo. Lo merita la società, che ha operato cambiamenti organici e graduali, lo merita il tridente delle meraviglie, le merita Rakitic, volto nuovo del centrocampo che non avrà il glamour di altri acquisti milionari ma ha avuto un impatto raramente visto prima sugli equilibri e l’assetto di una squadra. Lo merita la vecchia guardia, che ha vissuto quest’annata tra alterne fortune. Xavi è finito ai margini, ma dopo tanti successi è naturale, Iniesta tiene botta, Pique invece a inizio stagione ha trovato pochissimi spazi per l’arrivo di Mathieu, pupillo di Luis Enrique. E sì, lo merita tanto anche il tecnico, l’uomo andato via da Roma tra risatine e scetticismo, l’uomo che è tornato in Spagna ripartendo (splendidamente) da Vigo. L’uomo predestinato, il suo destino è da sempre legato a doppio filo a quello blaugrana e tutti sapevano che prima o poi sarebbe approdato sulla panchina a lungo sognata.
“Con quei tre davanti vincerei pure io”, questa frase l’abbiamo sentita più volte e certamente ha più che un fondo di verità. Ci sono però dei dati da non sottovalutare. Messi, Neymar e Suarez (indisponibile per la prima parte della stagione per il morso a Chiellini… Poi parleremo del loro prossivo incontro) sono una garanzia di successo a patto che si trovi un equilibrio e non è così scontato. Sotto attaccanti di grande intelligenza tattica ma questo non basta, in Champions League abbiamo visto la ferocia con la quale interpretano la fase di non possesso e l’altruismo messo in mostra dinanzi alla porta avversaria. Raramente vediamo una bestia da gol come Suarez regalare due gol al compagno. Non è un caso. Luis Enrique non fa figli e figliastri, ha fatto capire che per raggiungere grandi traguardi ognuno deve rinunciare a qualcosa.
A inizio anno l’ex tecnico della Roma arrivò quasi a esagerare nell’ostracismo nei confronti di alcuni senatori, ma è stato un segnale necessario per affermare la propria guida. La gestione del Tata Martino si perse in un limbo, tra certezze e voglia di rinnovare, Luis Enrique ha saputo trovare il mix giusto. Non senza qualche problema, soprattutto in avvio, come abbiamo detto. E’ un Barcellona verticale, il giro-palla in ampiezza proprio della scuola Guardiola è molto lontano, così come l’impiego di due “alucce” ai lati di Messi. Si pensi a Pedro. Questo è un 4-3-3 nel vero senso del termine, una squadra che in fase di non possesso punta sull’aggressività e non sulla densità, come era da modello Pep. Guardiola è stato castigato dalla squadra che fu sua, il marchio dell’era tiki-taka lascia un gruppo fenomenale e la ricerca del bel gioco, i mezzi per ottenerlo però sono molto diversi.
Il Barcellona, udite udite, non disdegna più il pallone lungo. Segno di flessibilità, capacità di interpretare le varie fasi dell’incontro. Non sempre puoi essere martello, talvolta ci vuole la fionda. Palloni giocati in profondità, per innescare il terzetto delle meraviglie, con Messi che indossa e dismette i panni del finalizzatore a suo piacimento, prendendo possesso anche tra le linee per sfruttare i suoi compagni di giochi. Neymar quest’anno ha segnato tanto, tantissimo, i suoi numeri sono oscurati dalla voracità di Leo ma basterebbero a vincere la classifica cannonieri praticamente ovunque. Il brasiliano continua il suo processo di maturazione, velenoso e astuto, sa che a Barcellona non è lui che comanda (in nazionale invece è chiamato a caricarsi spesso i compagni sulle spalle. cfr. Mondiali 2014), lo spazio però lo trova con pazienza.
La Juventus ha eliminato il Real Madrid con astute mosse in panchina e le assenze avversarie hanno aiutato non poco. La finale di Champions è partita secca, tutto può succedere, ma stavolta Allegri si trova al cospetto di una squadra che sta benissimo fisicamente e segue per filo e per segno le idee del tecnico. La forza di Luis Enrique sta in concetti semplici, che però sono stati recepiti nel migliore dei modi. A fare il resto pensano i tre maghi là davanti. I bianconeri dovranno giocasersela in mezzo, con le buone o con le cattive, ma in questo caso abbassarsi in alcune fasi potrebbe non essere da escludere. La prima mezz’ora di Torino contro il Real è stata perfetta, ma l’aggressività esasperata non è la carta giusta contro i blaugrana. Serviranno pazienza e particolare attenzione alle linee di passaggio, che potrebbero diventare autostrade nel caso in cui Bonucci e compagni cercassero con troppa insistenza l’anticipo. Chiellini è avvisato.
Barcellona imbattibile dunque? Per vie centrali forse sì, ma c’è spazio sulle corsie. Lichtsteiner non avrà grandi piedi e contro il Real ha faticato molto, se però saprà presentarsi a Berlino in buone condizioni potrà aprirsi preziosi corridoi. Jordi Alba può pagare dazio su un duello tutto fisico, buona mossa sarebbe consigliare a Pogba di sfondare dal suo lato. Dall’altra parte c’è Dani Alves, considerato il miglior terzino destro al mondo. Esterno di appoggio, ciòè calciatore che non cerca il fondo ma che, una volta arrivato sulla trequarti, si unisce ai centrocampisti nel giro-palla orizzontale. Sale la qualità della manovra, visto che il brasiliano è pure un bel tiratore, a livello di intensità però il duello con Evra sarà molto interessante. Il francese, alla sua quinta finale Champions, conosce tutti i trucchi del mestiere.
Il sei giugno è ancora lontano, mai come in questo caso la condizione fisica dei ventidue sarà determinante per capire quale partita ci troveremo a guardare. Nel frattempo c’è ancora un turno di Liga, molti verdetti sono già stati emessi. Come detto, il Barcellona si è aggiudicato il titolo, decisivo il gol di Messi al Calderon, il Real invece si consola con il poker di CR7 sul campo dell’Espanyol. Pezzo di bravura che serve a poco. Colchoneros terzi, tre punti sopa il Valencia, vittorioso sul Celta. Insegue il Siviglia di Unai Emery a un punto, ancora un ottima annata per i biancorossi che hanno in tasca la finale di Europa League (ennesima) e tengono vive le speranze Champions a novanta minuti dalla fine. In coda l’unica spacciata è il Cordoba, poi abbiamo quattro squadre nell’arco di appena due punti. Il Depor ha ottenuto tre punti d’oro contro il Levante, già salvo, ancora più importante è la vittoria in trasferta del Granada. Saranno novanta minuti al cardiopalma. Intanto però cresce la febbre per Juventus-Barcellona.
Liga, 37esima giornata
Atletico Madrid-Barcellona 0-1 [65′ Messi]
Cordoba-Rayo Vallecano 1-2 [21′ Baena (R), 56′ Luso (G), 78′ Embarba (R)]
Elche-Athletic Bilbao 2-3 [32′, 45′ Jonathas (E), 80′ Aketxe (A), 87′ San José (A), 92′ Williams (E)]
Espanyol-Real Madrid 1-4 [59′ Cristiano Ronaldo (R), 73′ Stuani (E), 79′ Marcelo (R), 83′, 91′ Cristiano Ronaldo (R)]
Getafe-Eibar 1-1 [33′ Inestroza (G), 36′ Borja (E)]
Deportivo-Levante 2-0 [20′ Lopo, 80′ Juanfran]
Real Sociedad-Granada 0-3 [74′ El Arabi, 79′ Ibanez, 88′ Rochina]
Siviglia-Almeria 2-1 [30′ Thievy (A), 65′, 71′ Iborra (S)]
Valencia-Celta Vigo 1-1 [8′ Hernandez (C), 81′ Otamendi (V)]
Villarreal-Malaga 2-1 [82′, 87′ Moreno G. (V), 90′ Darder (M)]
classifica: Barcellona 93, Real Madrid 89, Atletico Madrid 77, Valencia 74, Siviglia 73, Villarreal 60, Athletic Bilbao 52, Malaga 50, Espanyol 49, Rayo Vallecano 49, Celta Vigo 48, Real Sociedad 43, Elche 40, Getafe 37, Levante 36, Granada 34, Deportivo 34, Eibar 32, Almeria 32, Cordoba 20
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