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INCHIESTA – Parma: così si dissolve una società di calcio

C’era una volta il Parma, squadra d’altri tempi che oggi, tra un presidente arrestato per reimpiego di capitali illeciti e un campionato ancora da completare, è stata dichiarata fallita. I ducali onoreranno la stagione 2014/2015 disputando le ultime partite della Serie A salvo poi uscire nel peggior dei modi dal calcio che conta. Come si è arrivati a tutto questo? Eppure appena una stagione fa il Parma riuscì a piazzarsi sesto e ottenne il pass per i preliminari d’Europa League. Ma il virus che da anni albergava nelle viscere del club emiliano venne a galla proprio in quel momento.

LA GENESI – La gioia per il ritorno in Europa si trasforma in rabbia dato che alla squadra emiliana viene negata la licenza Uefa, prerogativa necessaria per partecipare alle competizioni internazionali. Di cosa si tratta? Nel sito dell’Uefa si spiega che: ‘Ogni club che si qualifica per la UEFA Champions League o la UEFA Europa League necessita di una licenza, che viene concessa dalle rispettive federazioni (o in alcuni casi delle leghe calcio). Ciò è stabilito dalle regole sulle licenze dei club e sul fair play finanziario. Poi la UEFA verifica i documenti e le cifre di tutti i club che si sono iscritti a una delle competizioni UEFA‘. Insomma, la Uefa, prima di far accedere le varie squadre a Champions ed Europa League, deve attestare che le qualificate rispondano a certi criteri prestabiliti e, tra questi, la capienza degli stadi e l’assolvenza di certi pagamenti. Il Parma non ha pagato la somma di 300 mila euro di Irpef sullo stipendio di alcuni giocatori ceduti in prestito. Queste le parole a caldo del direttore generale gialloblu Pietro Leonardi riguardo la vicenda: ‘Noi avremmo sbagliato perché abbiamo 10 calciatori tesserati in un’altra società con un incentivo all’esodo. Faccio un esempio concreto, con i numeri: se un giocatore guadagna 100 mila euro e la squadra in cui viene prestato gliene può riconoscere solo 80 mila, il Parma provvede a dargli i 20 mila restanti. Il 30 giugno 2014 era la data in cui a questi ragazzi si sarebbe dovuta versare questa differenza economica, ma per il bene dei ragazzi stessi, con generosità abbiamo dato periodicamente degli anticipi finanziari sui quali, secondo loro, avremmo dovuto pagare l’Irpef. Mentre, come assicurato più volte anche dai nostri fiscalisti, questa dovrà essere pagata il 30 giugno 2014 alla scadenza del conguaglio definitivo. Il paradosso? Se non avessimo pagato, non ci sarebbero stati problemi‘. Il Parma fa ricorso ma alla fine anche l’Alta Corte del Coni si pronuncia contro i gialloblu: l’Europa League tocca al Torino. Finita qui? Nemmeno per idea. Quella che all’apparenza sembrerebbe solo una piccola dimenticanza da pagare con l’esclusione dalla manifestazione internazionale provoca effetti devastanti: è stato appena scoperchiato un vaso di Pandora pieno di debiti e magagne.

LA GENESI DELLA GENESI – A monte di tutta la ricostruzione fatta ci sono dei numeri assurdi che riportiamo per meglio capire come ha fatto la società emiliana a sfaldarsi in modo così eclatante. All’inizio dello scorso campionato il Parma controlla la bellezza di 226 giocatori saliti presto a 240 i cui stipendi, nel lungo periodo, pesano come macigni sul bilancio dei gialloblu. Oltre alla rosa ufficiale gli emiliani possono contare su un immenso esercito di giovani girati in prestito (nella grande maggioranza dei casi, gratuito) a squadre di mezzo mondo. Qualche nome? Nucera (in Lega Pro al Savona), Celcer (in Scozia al Ross Country), Munari (in Inghilterra al Watford), Ishak (in Danimarca nel Randers) e tantissimi altri ancora: per approfondire ulteriormente è utile consultare le pagine del portale di mercato Transfermarkt dedicate alla squadra emiliana. Questi ragazzi sono per lo più potenziali talenti di belle speranze nati tra il 1996 e 1998, calciatori sconosciuti dati in prestito a piccole realtà di Serie B, Lega Pro o nel resto dell’Europa. Non mancano però i volti noti come Santacroce e Morrone. ‘Lavoriamo molto sulla quantità e se anche riusciamo ad avere una percentuale di successo del 30 o 40 per cento su quanti ne acquistiamo, è un trionfo – spiegava a suo tempo Leonardi – ed è il modo migliore per valorizzare i più meritevoli, che entrano nel nostro universo. Noi teniamo d’occhio tutti i nostri tesserati in giro per l’Italia e non solo attraverso un grande lavoro di scouting‘. Il meccanismo della società emiliana era semplice: investire sui giovanissimi girandoli in prestito per farsi le ossa. E chissà se qualcuno di questi, un giorno, riuscirà mai a esplodere così da consentire al Parma una sua cessione a prezzi esorbitanti. Una specie di copia dell’Udinese di Pozzo ma con una duplice sostanziale differenza: investimenti scriteriati e la totale assenza del controllo del bilancio. Già, perché il Parma dal 2007 non ha fatto altro che puntare su un meccanismo teoricamente vantaggioso ma, senza le giuste precauzioni, in grado di trasformarsi in una macchina capace di svuotare le casse emiliane. Insomma, tutta colpa di una gestione scellerata che ha portato allo sfascio i gialloblu in pochi anni. Senza considerare gli alti stipendi dei funzionari della società emiliana che non hanno certo agevolato i bilanci visti gli 800 mila euro annui di Leonardi e i 130 mila del collaboratore tecnico Preiti.

GESTIONE SCELLERATA – Nel suo primo anno da presidente del Parma, Tommaso Ghirardi ha investito circa 13 milioni di euro tra acquisti consistenti (5,7 milioni per Alessandro Lucarelli e 4,5 per Reginaldo) e il riscatto di tutti i giocatori dati in prestito o in compartecipazione la stagione precedente. Non basta per rimanere in Serie A perché al termine del campionato 2006/2007 i gialloblu retrocedono in Serie B; poco male perché dopo un anno di purgatorio il Parma torna nella massima serie. Quello che preme sottolineare è che nel momento in cui Ghirardi acquistò il Parma dalla Parmalat, i debiti della società ammontavano a poco meno di 20 milioni di euro. Dopo il primo anno di nuova gestione tale somma è aumentata di 28 milioni, quindi nel secondo di 48 e ancora 23 nel terzo (coincidente con l’arrivo di Leonardi), 1 soltanto nel quarto, 26 nel quinto, 38 nel sesto e 22 l’anno appena concluso. In totale i debiti del Parma sono saliti da 16 a circa 197,4 milioni di euro.

1382 MOVIMENTI DI MERCATO – Come ha fatto il Parma ad accumulare un debito di quasi 200 milioni di euro? Per rispondere alla domanda dobbiamo analizzare il calciomercato svolto dai ducali negli otto anni di gestione Ghirardi (2007-2015). Ebbene, in questo periodo i gialloblu si sono resi protagonisti di 1382 movimenti di mercato tra acquisti e cessioni; 386 soltanto nell’ultima stagione. Nessuno si è mai accorto di niente? Pare proprio di no. Anzi, nell’arco di tempo citato le plusvalenze dei giocatori permettevano ai bilanci di essere in positivo di 19 milioni di euro. Ma dietro ai dati statistici c’era dell’altro perché la società continuava imperterrita a mettere sotto contratto nuovi calciatori che, con i loro stipendi, non facevano altro che aumentare la spesa reale del club emiliano. Insomma, tantissimi scambi ma poca liquidità. Nel 2014 il fatturato del Parma ammontava a poco più di 55 milioni di euro, i costi dei gialloblu a 111 milioni, gli stipendi da pagare a 52 oltre ad ammortamenti pari a 22 milioni di euro: una vera e propria catastrofe.

SATELLITI E TRIANGOLAZIONI – Abbiamo visto che il Parma controllava centinaia di giocatori. Un buon numero di questi venivano dirottati nelle due società satelliti degli emiliani: il Gubbio e il Nova Gorica. Nel 2013 i ducali intraprendono due partnership importanti con le citate squadre che, secondo Ghirardi e Leonardi, avrebbero consentito ai gialloblu di creare un modello armonioso e all’avanguardia. Secondo gli originali piani, i giovani di proprietà del Parma sarebbero dovuti finire in Lega Pro nel Gubbio a farsi le ossa mentre quelli già nel giro della prima squadra, nel Nova Gorica a maturare in attesa della chiamata tanto sperata. Club satelliti in cui far crescere i propri giovani: siamo di fronte, come specificato, a un modello difettoso che tenta di imitare quello all’avanguardia proposto dall’Udinese di Pozzo. In mezzo alle tante operazioni di calciomercato hanno trovato spazio operazioni con gli immancabili fondi d ‘investimento? Per meglio chiarire la vicenda abbiamo chiesto delucidazioni al giornalista e scrittore esperto in materia, Pippo Russo: ‘Nel Parma c’è stato di tutto e di più, non soltanto le terze parti. Di esempi se ne potrebbe fare a bizzeffe, partendo dalla girandola di calciatori fatta con Siena (altro club fallito e precipitato fra i Dilettanti) e Chievo. Meglio prendere come esempio singoli calciatori e tracciarne la bizzarra traiettoria. Per citarne uno, il portoghese Gonçalo Brandao, attualmente in forza al Belenenses, il terzo club di Lisbona. Approdato in Italia al Siena, dove ha fatto un’onesta militanza per due stagioni. Poi rilevato dal Parma e immediatamente girato al Cesena in B, dove non ha brillato particolarmente. Da quel momento ha preso a girare tra Parma, Siena e Belenenses, con un intermezzo presso il club rumeno del Cluj Napoca, meta di molti calciatori portoghesi. Dopo il fallimento del Siena è tornato al Belenenses. Stando a Transfermarkt sua agenzia si chiama Superior Sports, nella cui scuderia si trovano calciatori notoriamente sotto il controllo di Jorge Mendes come Ruben Neves del Porto o Mateus e Pedro Tiba dello Sporting Braga. Ma in quell’agenzia si trova anche Bryan Cristante del Benfica, portato in Portogallo da un ex dipendente del ristorante Giannino, o il serbo Miralem Sulejmani che è un altro calciatore del Benfica portato in Portogallo dalla banda di Pini Zahavi, o il franco-portoghese Yohan Tavares che giocando nell’Estoril è sotto il controllo di Traffic e fra l’altro è stato protagonista di un curioso passaggio al Chievo nell’estate del 2013, con rescissione quasi immediata. Certe agenzie mi sembrano delle camere di compensazione create da agenti che hanno a loro volta delle loro agenzie. Ma magari mi sbaglierò. Di sicuro il Parma si muoveva in ambienti del genere’.

L’EPILOGO – A questo punto arriviamo alla storia recente con il presidente Ghirardi che decide di abdicare. La patata bollente viene raccolta da Doca, anzi no da Giordano quindi dall’albanese Taci che nomina presidente Kodra prima di vendere tutto a Manenti per un euro nel giro di pochi mesi. Il nuovo presunto salvatore del Parma, a.d. del Mapi Group (definita dalla Gazzetta dello Sport ‘società di servizi con sede legale in Solovenia che ruota nell’orbita di Gazprom‘) promette subito l’invio di bonifici per saldare gli arretrati dei dipendenti della società gialloblu oltre che per pagare IRPEF e IVA arretrate ma le settimane passano e i soldi non si vedono. I giocatori minacciano la messa in mora della società e fissano al 16 febbraio il giorno massimo entro il quale la nuova proprietà dovrà adempiere i pagamenti: servono circa 15 milioni di euro. Manenti, sicuro di sé, afferma di aver inviato i bonifici ma il denaro tarda ad arrivare. Il patron gialloblu continua a recitare il suo mediocre teatrino: ‘Ieri sera c’è stato questo importante passaggio del bonifico internazionale, però è meglio se vado a seguire la cosa di persona là. Sì, ribadisco; i bonifici sono arrivati, il pagamento è stato eseguito, ma non dobbiamo perdere nulla e vado là apposta per snellire ulteriormente la cosa‘. A questo punto i giocatori decidono di concedere altro tempo alla società ma la situazione precipita. Manenti viene arrestato con l’accusa di reimpiego di capitali illeciti e parallelamente i pm del Tribunale di Parma chiedono il fallimento del club emiliano dal momento che le garanzie sui pagamenti presentate dal proprietario gialloblu non trovano riscontri. Il 19 marzo viene depositata la sentenza di fallimento del Parma Fc con la nomina di due curatori fallimentari. Per il Parma è il triste epilogo di una vicenda assurda. L’ufficiale giudiziario pignora alla società pulmini, attrezzi da palestra, panca da spogliatoio e altri beni simili: i ducali termineranno regolarmente il campionato grazie al prestito di 5 milioni di euro fornito dalla Lega Serie A. E l’anno prossimo? Si prospettano due scenari per il Parma o 1) un nuovo proprietario si accollerà i debiti – rinegoziati – del Parma con la squadra che ripartirà grazie a un nuovo progetto dalla Serie B oppure 2) i ducali verranno fatti fallire a giugno per ripartire dalla Lega Pro. A quanto ammontano i debiti del Parma? Stando a quanto riportato dal Tribunale il club la cifra totale ammonta a 218.446.754,61 euro (con un patrimonio netto negativo di 46.6969.01 euro). Di questi, 74.360.912 euro fanno parte del debito sportivo di cui 63.039.920 euro nei confronti di calciatori e tesserati’. Non mancano poi debiti tributari (38.254.007,42 euro), nei confronti delle banche (10.466.341,26 euro) e istituti di previdenza e sicurezza sociale (1.940.455,06 euro).

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