Quando nasci a Roma, l’apice del tuo destino calcistico può avere due colori: giallorosso oppure biancoceleste. Il tuo simbolo, che marchia una carriera per i pallonari dell’Urbe: la Lupa o l’Aquila. Un bivio che tutti hanno sfiorato, desiderato e vissuto. Ma duelli come quelli tra Alessandro Nesta, difensore della Lazio, e Francesco Totti, attaccante della Roma, non si sono ancora nemmeno emulati.
Il 13 marzo del 1994, debuttava un giovanissimo Alessandro Nesta: sfiorò la Roma, ma papà Giuseppe, tifoso della Lazio, disse di no a Francesco Rocca. Centrocampista, difensore e persino attaccante, prima di dimostrare di essere un uomo su cui contare per il reparto arretrato. Ironia della sorte, subentrò ad un attaccante, Pierluigi Casiraghi, quel 13 marzo, a 17 anni, grazie a Dino Zoff. La partita, terminò 2 a 2, ma è da lì che nasce la parabola di Alessandro Nesta, il numero 13.
Sue le mani che hanno portato in alto i primi trofei della Lazio, quella dell’era di Cragnotti, da tanti ancora rimpianta, e mai del tutto dimenticata dai tifosi della Nord. 261 presenze, tre reti e poi l’addio: il capitano, sotto i dettami del Dio Danaro, cambia maglia: dal celeste del cielo, al rosso del Diavolo. Alessandro Nesta, nel 2002, rinunciando ad alcuni stipendi arretrati, passa al Milan, non senza qualche rimpianto nel non aver salutato a dovere lo Stadio Olimpico, renincontrato solo molti anni dopo da “amico”.
La carriera milanista è costellata di successi: 326 presenze, 10 gol, 2 scudetti, 2 Supercoppe Italiane, 2 Supercoppe Europee, 2 Champions league, 1 Mondiale per Club, oltre al 2006, l’apoteosi in azzurro.
Chiusa la storia in Serie A, di appendere gli scarpini non se ne parla, al di là dei problemi alla schiena: prima Montreal con l’amico Marco Di Vaio (amici dai tempi della Lazio, dove erano due promesse, per altro mantenute) e poi la parentesi in India, in compagnia di Marco Materazzi.
E tutto partì 21 anni fa: quando un giovane, giovanissimo difensore di Roma, entrò nel rettangolo verde (quello dello Stadio Friuli), senza sapere che sarebbe stato uno, che la storia e le leggende di quel rettangolo, le avrebbe scritte, tutte con sudore, tacchetti, lacrime ed emozioni.
Matteo Maria Munno – calciomercatonews.com
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