Intervistato da “I Laziali Sono Qua”, trasmissione radiofonica in onda sugli 88.100 FM, Sergio Cragnotti, il presidente più vincente della storia della Lazio, ha condiviso i suoi ricordi:
Presidente iniziamo col ricordare la figura che l’ha avvicinata al mondo Lazio, suo fratello Giovanni…
“Senza di lui non avremmo mai vissuto tanti bei momenti. Il grande amore di mio fratello verso la Lazio mi convinse ad entrare nel mondo del calcio. Fino ad allora mi ero occupato sempre di grandi industrie, ma mai avrei immaginato di diventare il presidente di una squadra calcistica. Il nostro ingresso coincise con una rivoluzione generale, mirata a dare lustro al club e che diede i suoi frutti nel tempo”.
Presidente ricordiamo come se fosse oggi il 23 maggio del 1999. All’Olimpico era appena finita Lazio-Parma. Perdemmo lo Scudetto, ma lei, prendendo un microfono davanti a tutto lo stadio, rassicurò tutto il popolo biancoceleste e gli promise tanti successi.
“Sì, lo feci perchè avevo la convinzione che il nostro progetto fosse vincente. Vedevo che la nostra strategia che si stava compiendo. Probabilmente meritavamo lo scudetto più nel 1998-1999 che nel nel 1999-2000, ma il calcio è anche questo. Diciamo che verso la fine degli anni 90 raggiungemmo il top. Io direi che dalla Coppa Italia vinta all’Olimpico contro il Milan con il gol di Nesta spiccammo il volo. La nostra mentalità era quella di portare la Lazio ad un livello internazionale”.
Lei è stato il precursore di tante innovazioni nel mondo del calcio. Fu il primo a parlare di stadi di proprietà e a quotare una squadra italiana in Borsa. A volte sia i tifosi che la stampa non le stavano dietro…
“Diciamo che abbiamo vissuto dei momenti di incomprensione, ma ci può stare. Quando innovi qualcosa non tutti ti seguono. Tengo a sottolineare comunque che ho sempre rispettato il popolo laziale nelle sue emozioni e nei suoi atti d’amore. Senza il tifo, il calcio sarebbe molto triste”.
Tra la galleria dei ricordi, a quale è più legato?
“Ci sono stati tanti momenti indimenticabili nella mia Presidenza. Le vittorie dello Scudetto e della Supercoppa Europea sicuramente sono nel mio cuore, ma ricordo con tanto affetto anche la vittoria in Coppa dei Campioni a Londra contro il Chelsea”.
Da grande amante del calcio, chi acquisterebbe se oggi fosse presidente?
“Più che ad un singolo calciatore penserei ad una rivoluzione del mondo del calcio in senso assoluto. Il calcio italiano, complice la crisi economica, sta vivendo un periodo di grande ridimensionamento. Se si vuole partecipare e competere nel grande calcio bisogna avere una strategia atta ad acquisire grandi campioni. Vanno rafforzati i patrimoni dei club per competere con i top team europei”.
Quale personaggio l’ha colpita di più nel corso degli anni della sua Presidenza?
“Quando iniziai mi impressionò molto Berlusconi, sia per la sua competenza e visione strategica, che per la conoscenza del mondo calcistico. Un altro personaggio che mi piaceva molto era l’Avvocato Agnelli. Era un tifoso competente, razionale, uno in grado di apprezzare il calcio a tutto tondo”.
Qual era il suo giocatore preferito, quello per cui aveva un debole?
“Per tanti motivi dico Boksic. Con lui ho vissuto dei momenti molto intensi, sia dal punto di vista sportivo che dal punto di vista personale. Sotto il punto di vista meramente calcistico dico Veron”.
Al di là dei giocatori, lei allestì una squadra vincente anche sul piano dirigenziale…
“Per vincere avevamo bisogno di dirigenti di primo livello e in questo senso contattammo gente come Mario Pennacchia e soprattutto Dino Zoff. L’idea di portare nelle società grandi ex personaggi del mondo del calcio fu un altra innovazione che poi ci copiarono tutti”.
Presidente, sono passati tanti anni, ma l’amore della gente verso di lei è immutato…
“Vorrei ringraziare il mondo laziale per tutto questo affetto. Viaggiando spesso in giro per il mondo, posso dire che ovunque vada ho attestati di stima. Questo vuol dire che abbiamo davvero lasciato il segno. Spero che questo possa riaccadere in futuro anche con altri presidenti”.