MONDIALI BRASILE 2012 – La Germania di oggi come l’Italia del 2006? Un accostamento che regge. A prendere come metro di paragone gli Azzurri per confrontarli con i panzer attuali c’ha pensato in un’intervista rilasciata al La Gazzetta dello Sport Oliver Bierhoof, ex attaccante tedesco con un passato anche nella nostra Serie A. Ecco alcune delle sue dichiarazioni a riguardo: “Speriamo di essere come l’Italia nel 2006. Siamo meno brillanti ed eleganti del passato ma molto più concreti […] Fin dall’inizio la squadra si è messa in testa che deve lottare, essere unita e compatta perché non può salvarsi solo con la tecnica. Nel passato avevamo un po’ di superficialità, pensavamo bastasse la classe per vincere. Adesso è diverso”. Bisogna ricordare che la Germania ha raggiunto in dieci anni, tra Mondiali ed Europei, cinque semifinali e quindi non è certo una sorpresa vedere i teutonici favoriti per il trionfo finale ma se alla già solida tradizione della Die Mannschaft si aggiunge il clamoroso 7-1 rifilato da Muller e compagni ai padroni di casa del Brasile il sospetto che questa sia la volta buona inizia a farsi concreto. Dopo aver assimilato cocenti delusioni a pochi passi dal traguardo, Low ha dovuto per forza di cose riorganizzare i suoi progetti, rivedere certe tattiche per proporre un gioco meno bello ma più cinico e completo. Già nelle qualificazioni e nelle numerose gare pre Mondiale si intuiva il nuovo potenziale della Germania dei giovani, squadra eclettica dove da centrocampo in su tutti sapevano fare tutto. Paradossalmente l’infortunio di Gomez ha agevolato i tedeschi: senza una punta di ruolo Muller ha dato il meglio da attaccante atipico e l’esperienza di Klose ha inciso nei momenti più delicati. Il centrocampo muscoli (Khedira, Schweinsteiger) e cervello (Kroos, Ozil, Lahm) ha girato alla perfezione: un mix letale in grado didifendere ma anche di attaccare e segnare con gli elementi più talentuosi. In difesa poco importa se non ci sono grandi terzini di spinta (Lahm lo sarebbe ma spesso viene avanzato a centrocampo) perché Hummels al centro si è innalzato come baluardo insormontabile mentre poco più indietro Neuer si è dimostrato insuperabile in diverse occasioni.
Le analogie con l’Italia del 2006? Ci sono per almeno due aspetti. Primo: il carattere. La Germania non ha riposto del tutto il fioretto ma a questo ha anteposto la sciabola perché è più importante portare a casa il risultato che non incantare la platea con passaggi e colpi da biliardo. Così appariva l’Italia di Lippi che era sì più fisica e meno talentuosa dei panzer ma al contempo sapeva dimostrarsi razionale, unita e compatta nei momenti clou. Secondo: i giocatori chiave. Gli Azzurri nei Mondiali tedeschi potevano contare su un baluardo in ogni reparto. Sia chiaro, niente prime donne bensì uomini veri in grado di prendere per mano gli altri compagni. La stessa cosa accade oggi alla Germania. Analizzando la rosa di Low non si nota un reparto decisamente più forte rispetto ad un altro poiché vige un equilibrio assoluto rotto soltanto da certi leader. Neuer come Buffon: freddo e impalpabile di fronte ad ogni pericolo. Hummels come Materazzi: difensore goleador e mostruoso nel gioco aereo. Kroos come Pirlo: ingegnere mobile del centrocampo. Schweinsteiger come Gattuso: mastino della mediana seppur con più piede rispetto all’italiano. Ozil come Totti: giocatore a tratti anonimo e non al top della forma ma in grado di offrire lampi di genio. E Muller? Come nessuno perché un atleta con caratteristiche simili si deve ancora vedere. Ha la fame di un rapace d’area, il fiato di un terzino, la foga di un mediano, la corsa di un esterno e il piede di un fantasista: è lui l’indiziato numero uno per far finalmente trionfare la Germania in finale.
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