CALCIOMERCATO INTER NAPOLI XHAKA- Dopo il fallimento dell’Italia al mondiale abbiamo contattato Max Eberl, direttore sportivo del Borussia Moenchengladbach, per parlare della crisi del calcio italiano ma anche di Granit Xhaka, giocatore svizzero del club tedesco che molti hanno accostato a Inter e Napoli. Questa l’intervista in ESCLUSIVA di Calciomercatonews.com.
La nazionale italiana non vive un momento facile: dopo i fallimenti della Germania ai mondiali del 1998 e agli Europei del 2000 la nazione è ripartita da zero ottenendo in seguito tanti buoni risultati. Cosa avete fatto esattamente?
Nel 1990 la Germania vinse il mondiale e nel 1996 l’Europeo. La gente, compresa gli addetti ai lavori, era sicura che i risultati sarebbero continuati a venire in automatico, dimenticandosi di progettare il futuro. Così la nazionale tedesca andò incontro a diverse brutte figure. Questa è anche la situazione che sta vivendo oggi l’Italia. Per ripartire noi in Germania nel 2000 abbiamo capito che era necessario migliorare le strutture giovanili. Ora da noi un giocatore ha un percorso ben definito da intraprendere: dopo le giovanili si va direttamente in prima squadra e anche dopo poche partite si va in nazionale per accumulare esperienza. I giovani da noi hanno motivazioni perché sanno che il loro impegno verrà ricompensato. Dai mondiali del 2006 in poi abbiamo raccolto i risultati di questa programmazione.
Dei 23 giocatori attualmente nella rosa della Germania moltissimi hanno infatti esordito a 20 anni o anche meno…
Di più: molti giocatori tedeschi a 20 anni non solo esordiscono, ma sono già titolari in nazionale. Per questo c’è bisogno di un selezionatore molto attento e preparato, in grado di percepire immediatamente i margini di miglioramento di un atleta. È tutto collegato: Giovanili attrezzate, mentalità aperte da parte dei club che lanciano i giovani in prima squadra e la possibilità di giocare presto con la nazionale. Questa è la chiave del successo. In questo modo i giocatori collezionano quell’esperienza che farà loro comodo anche in futuro.
Lei prima di diventare il direttore sportivo del Borussia Moenchengladbach ha giocato con il club tedesco per diversi anni: è un vantaggio per un dirigente conoscere così bene l’ambiente?
Importantissimo. Ho avuto la possibilità di giocare con il Borussia e poi sono stato il responsabile del settore giovanile e solo dopo sono diventato direttore sportivo. In questo modo ho conosciuto tutti i giovani del nostro vivaio e quando sono diventato direttore sportivo ho potuto programmare il futuro nei dettagli. Quando dovevo fare il mercato sapevo che sarebbero venuti dal vivaio giocatori come Marcell Jansen, Marko Marin, Marco Reus, e poi ter-Stegen: erano tutti giocatori che ho visto crescere e sapevo benissimo cosa la società si potesse aspettare da loro. Bisogna conoscere il DNA della squadra e rispettarlo, non stravolgere la filosofia del club con idee che con la filosofia della società non c’entrano nulla. Noi sappiamo che abbiamo bisogno del talento dei giovani giocatori del nostro vivaio per poterli mettere in mostra, per poterli vendere e per poter così comprare più giocatore e avere la possibilità di allargare la rosa. Questa filosofia fa il bene del calcio tedesco perché poi i nostri Reus, Marin e ter-Stegen vanno a giocare da giovanissimi in società come Dortmund, Chelsea e Barcellona e sono subito pronti per la Nazionale. Così bisogna programmare nel calcio. Dando fiducia ai nostri giovani sappiamo che saremo sempre meglio di quelle società che spendono 20 milioni in un colpo solo e sperano che le cose vadano per il verso giusto.
Tutto questo lavoro è più difficile farlo non avendo respirato per anni l’aria del club?
Molto più difficile. Un esterno alla società deve inserirsi nel club con una mentalità molto aperta. Non si può arrivare in una nuova società e dire: “Questa è la mia filosofia e quindi facciamo così”. È il club, la storia del club, che deve indicare la strada da percorrere, non i dipendenti.
In percentuale chi fa più il mercato, allenatore o direttore sportivo? Per esempio il vostro bomber Raffael è stato fortemente voluto dal tecnico Lucien Favre…
Non c’è una percentuale perché non ci si divide il mercato. Se la società non fosse stata convinta di acquistare Raffael non lo avremmo comprato. Se è l’allenatore a non volere un giocatore segnalato dalla società, questo non viene acquistato. Si lavora insieme, siamo d’accordo su tutti i giocatori che prendiamo. Per questo motivo per noi è importante che l’allenatore abbia la nostra stessa filosofia. Dobbiamo essere sulla stessa linea d’onda. È fondamentale per lavorare bene.
Come può l’allenatore dare l’ok sugli acquisti dei giovani, inizialmente sconosciuti, che regolarmente acquistate? Non li conoscerà tutti…
Una volta al mese facciamo una riunione che dura minimo quattro ore durante la quale valutiamo i profilo di tutti i giocatori che i nostri osservatori ci segnalano. Di quelli che superano questo primo step il nostro allenatore riceve dei Dvd nei quali analizza attentamente il giocatore. Senza l’ok dell’allenatore un giocatore non può essere acquistato perché è lui che poi ci dovrà lavorare quotidianamente. È importante inoltre che un giocatore appena comprato sappia che l’allenatore lo conosce già. È importante che il giocatore, appena arrivato, possa pensare: “C’è già chimica fra di noi, le cose funzionano”. Un trasferimento è come un mosaico. Devono combaciare diverse cose.
Prima di acquistare un giocatore valutate anche il carattere dell’atleta?
Si. Abbiamo dei dipendenti che cercano su Internet tutte le informazioni che riguardano la sfera privata del giocatore. Dobbiamo sapere da che famiglia viene, che tipo di vita fa, se ha problemi…
Come si valuta il lavoro di un allenatore?
Come detto prima, un allenatore deve avere la stessa visione del club. Bisogna poi valutare il lavoro nel suo complesso. In una stagione si attraversano tante fasi: ci sono molte variabili che incidono su una partita e fanno la differenza fra la vittoria e la sconfitta. Noi quest’anno improvvisamente per 7 partite di fila non siamo riusciti a vincere. Era un momento difficile, di tensione, ma abbiamo deciso di rinnovare proprio in quei giorni il contratto di Favre. Volevamo trasmettere un messaggio chiaro: “Questo è il nostro allenatore, puntiamo su di lui, ci fidiamo di lui e sappiamo che ci porterà fuori da questa situazione”. Dopo pochi giorni tornammo a vincere e a fine anno abbiamo sfiorato la Champions League. Guardate quante squadre in Germania negli ultimi 3-4 anni non hanno mai fallito la qualificazione europea. Noi siamo fra quelle.
La Serie A continua a perdere fascino: è perché in Italia non si sa programmare il calcio così bene?Forse abbiamo meno competenze calcistiche?
Non credo sia così. L’Italia è un paese con delle competenze calcistiche straordinarie. I risultati migliori oggi si ottengono col vostro gioco: attenzione difensiva e ripartenza rapida. Se si guardano le nazionali giovanili l’Italia non ha nulla da invidiare a nessuno. Solo che per qualche strano motivo poi non vi fidate di loro, non riescono a sfondare. Spesso leggo le rose delle squadre italiane e mi dico: “Ma questo gioca ancora!?”. Bisogna avere il coraggio di fidarsi dei giovani. Bisogna stimolarli con degli step ben precisi, proprio come facciamo in Germania.
In Italia si è parlato molto di una trattativa fra voi e l’Inter per Granit Xhaka…
Tutto falso. Resterà sicuramente con noi. Anche se attualmente non sta vivendo un momento facile ha vissuto in passato dei momenti straordinari che ci fanno credere in lui. Per la sua carriera è giusto che resti ancora con noi. Venderlo ora non conviene nè a noi nè a lui e per questo posso dire che in questa sessione di mercato non ci sono possibilità che lasci il Borussia. Non ci sono mai arrivate offerte ufficiali dall’Italia, non ho mai parlato con club italiani.
I valori di mercato dei giocatori cambiano con il mondiale?
Purtroppo si. Guardiamo Campbell del Costa Rica: prima del mondiale lo conoscevano solo gli addetti ai lavori, oggi è famoso in tutto il mondo e automaticamente il valore di mercato è schizzato alle stelle. L’attualità è importantissima nella valutazione che le società fanno dei giocatori. Per questo per noi è importante trovare i giovani prima delle grandi competizioni internazionali.
ELMAR BERGONZINI-WWW.CALCIOMERCATONEWS.COM
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