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Siviglia piccolo grande re dell’Europa League: analisi dei vincenti di Emery

SIVIGLIA EUROPA LEAGUE – Il destino e un cuore enorme: ecco il binomio che ha consentito al Siviglia di innalzare un arco divenuto trionfale la notte del 14 maggio 2014 allo Juventus Stadium di Torino. Ci sarebbe da aggiungere poi la “maledizione di Béla Guttmann”  spada di Damocle del Benfica, avversario incapace di portare a casa una finale europea dal lontano 1962. Di tutto questo hanno saputo approfittare i rojoblancos, modesto collettivo della Liga spagnola che neppure avrebbe dovuto prender parte a questa Europa League. Già, perché la scorsa stagione gli uomini di Unay Emery conclusero la loro annata noni alle spalle di Rayo Vallecano e Malaga e proprio la squadra degli sceicchi, sesta, avrebbe dovuto prender parte al terzo turno eliminatorio dell’ex Coppa Uefa. Accade però l’impensabile visto che il Malaga viene estromesso dalle competizioni continentali a causa della violazione del fair-play finanziario e il Rayo Vallecano, a scalare, non ottiene la licenza UEFA necessaria. La palla passa quindi al Siviglia che non si fa trovare impreparato e trasforma un’apparente noia (scendere in campo il 1 agosto contro i semi-sconosciuti del Mladost Podgorica quindi contro lo Slask Wroclaw) in un percorso che mano a mano acquisterà sempre più senso e significato.  Dopo gli agili successi estivi (in totale tra andata e ritorno 9-1 in entrambi i casi) arriva il primato nel gruppo H composto da Friburgo, Sloven Liberec ed Estoril. Da crepacuore la fase ad eliminazione diretta. Nei sedicesimi la prima vittima è il Maribor per un computo totale di 4-3; agli ottavi resterà nella storia il derby pazzesco contro il Betis Siviglia. All’andata i biancoverdi si impongono con un secco 2-0 ma nel ritorno il Siviglia riesce ad annullare l’handicap rimontando le due reti e andando a vincere ai calci di rigore 4-3. Nei quarti di finale gli uomini di Emery compiono un’altra remuntada. Nel primo atto il Porto vince 1-0 ma anche questa volta gli spagnoli capovolgono le sorti della loro Europa League: 4-1 e semifinale contro il Valencia. Dopo il 2-0 del Ramon Snachez l’opinione pubblica dava come finalisti certi i biancorossi ma al Mestalla accade l’impensabile: i padroni di casa si portano sul 3-0 e solo un gol in pieno recupero di M’Bia regala il pass per Torino al Siviglia. La finale è storia recente: 0-0 fino ai calci di rigore dove Beto respinge due tiri dal dischetto regalando la coppa ai suoi con il punteggio finale di 4-2.

L’espìritu hispalense e la razionalità di Emery

In Spagna i media parlano di espìritu hispalense ovvero uno spirito che potremmo riassumere in una voglia di combattere fino alla fine: non a caso nella storia recente del Siviglia ci sono numerose partite delicate decise soltanto in extremis, qualificazioni impossibili trasformate in realtà. Ma questo non basta perché il destino non sempre si rivela favorevole. Servono quindi una squadra con capacità importanti e un condottiero in grado di assemblare i pezzi del puzzle. Gli ingredienti non sono mancati e il Siviglia si gode l’Europa League anche grazie al lavoro di Unay Emery, allenatore che si dice faccia gola al Milan. Il modulo da lui proposto è stato sostanzialmente il 4-2-3-1 che ha offerto un gioco frizzante e razionale capace di ruotare attorno all’estro di Rakitic, talentuoso trequartista croato. Non mancano altri giocatori interessanti quali Marin, centrocampista tedesco in prestito dal Chelsea, Gameiro, attaccante francese ex Psg, Trochowski, centrocampista con 35 gettoni nella Germania, Bacca, sorprendente centravanti soprannominato El Peluca, il mediano M’Bia, il difensore centrale Pareja, il terzino Moreno, l’immortale Reyes e il portiere Beto. I valori di molti giocatori sono aumentati dopo il trionfo in quel di Torino tanto che parecchi club hanno già messo gli occhi su di loro; il Siviglia sarà orgoglioso di mettere in vetrina la propria cristalleria a prezzi di tutto rispetto… Il calcio spagnolo è oggi più che mai il top del football mondiale e il miracolo rojoblancos – unito al cammino dell’Atletico Madrid in Liga – dimostra che si può arrivare in alto anche senza spendere milioni su milioni. Parallelamente agli sfarzosi modus operandi di Real Madrid e Barcellona nasce un modello basato sulla tenacia, la motivazione dei singoli, l’unione del collettivo e la fame di vittoria; il tutto coadiuvato da un allenatore “quadrato”. È il miracolo del piccolo grande Siviglia che si è meritato appieno questa Europa League.

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