ESCLUSIVA CALCIOMERCATONEWS PATRICK HERRMANN BORUSSIA MOENCHENGLADBACH- C’è solo un giocatore in Germania nato nel 1991 che vanta diverse presenze in tutte le nazionali juniores (dall’Under 15 alla 21) e anche due convocazioni (seppur senza scendere in campo) con la nazionale maggiore. Si tratta di Patrick Herrmann, 23 anni appena compiuti, decisivo nell’ultimo turno di campionato quando con un gol di sinistro (lui che mancino non è) ha permesso al suo Borussia Mönchengladbach di espugnare il campo dello Schalke 04. A pochi giorni dalla vittoria di Gelsenkirchen una delle ali più promettenti del calcio tedesco si è concesso in esclusiva ai microfoni di Calciomercatonews.com.
Nella stagione 2010-2011 il Borussia Mönchengladbach si salvò dalla retrocessione solo nello spareggio contro il Bochum, l’anno dopo finì il campionato in zona Champions League e ora sono tre anni che prende parte alle competizioni europee: avevi sentore che la squadra sarebbe cresciuta così in fretta?
Nel 2011 disputammo un girone di ritorno meraviglioso. A gennaio eravamo ultimi con distacco e ci davano tutti per spacciati, ma con una serie incredibile di vittorie riuscimmo a restare in Bundesliga. Quindi basandosi solo sul girone di ritorno era intuibile che non avremmo più rischiato di retrocedere, ma nessuno poteva immaginare che in seguito saremmo riusciti a confermarci fra le prime della classe per più stagioni in fila e a centrare sempre la qualificazione europea.
Di chi è il merito di questi risultati?
Non ho dubbi a riguardo. Il merito è di Lucien Favre. Il mister è ipercritico: non lo è con i giocatori, lo è con se stesso: vuole riuscire a migliorare ogni singolo calciatore della rosa e di ognuno incrementa i punti forti e rinforza i deboli. Inoltre ritengo abbia grandi conoscenze tattiche che gli consentono di schierarci nel migliore dei modi. Evidentemente anche la società ha i suoi meriti: sta facendo bene e non sbaglia un acquisto. Ricordiamoci che dalla stagione nella quale rischiammo di retrocedere abbiamo venduto giocatori come Reus, Dante e Neustädter, eppure la squadra non ne risente.
In carriera hai segnato una doppietta nel derby contro il Leverkusen e un’altra contro il Bayern Monaco: più è importante la partita meglio riesci a giocare?
Vado fiero di quelle due prestazioni, anche se quella contro il Bayern per me significa di più: segnare una doppietta al club più titolato di Germania e permettere alla propria squadra di vincere 3-1 è una sensazione bellissima, difficile da dimenticare. Effettivamente è curioso che riesca ad esaltarmi nelle partite contro le squadre più forti del campionato. Credo che sia però semplicemente perché le altre si chiudono di più. Con squadre come il Bayern ci sono più spazi.
Hai giocato con tutte le rappresentative juniores della Germania (dall’under 15 all’under 21) e sei stato convocato anche da Loew: non capita a tutti di confermarsi per anni come uno dei migliori esterni della nazione…
A dire la verità, fra i ragazzi del 1991, sono l’unico e per me è particolarmente gratificante. Nessuno dei miei compagni ha fatto tutta la trafila come me. Ma non penso che questo mi assicuri un posto in Nazionale in futuro. Ci sono giocatori che esplodono più tardi di altri, e può capitare che gente che non è mai stata convocata nelle nazionali juniores poi diventi imprescindibile per quella maggiore. Però è uno stimolo in più per confermarmi.
Però ci pensi a diventare un punto fermo della nazionale…
Non ho l’ossessione di giocare in Nazionale. Nel mio ruolo ci sono Reus, Götze, Podolski e Müller, e trovare spazio non è facile. Poter indossare quella maglia è un’emozione incredibile, voglio dire: rappresenti un paese intero… però non ho fretta.
In settimana il Bayern Monaco ha perso malamente contro il Real Madrid: dato che fra i bavaresi ci sono molti giocatori della Nazionale tedesca, da tifoso sei preoccupato in ottica mondiale?
Assolutamente no. La sconfitta del Bayern, da tedesco, non mi preoccupa per nulla in vista dei mondiali. Il Real è una squadra fortissima e il Bayern aveva perso la gara di andata a Madrid e recuperare, con la regola dei gol in trasferta, non è facile. Ai mondiali è un’altra storia. Si parte da 0-0 ed ogni singolo gol vale come quelli precedenti.
L’anno scorso sei venuto a Roma per giocare in Europa League contro la Lazio: come ti è sembrato l’ambiente intorno al calcio italiano?
Molto positivo. So che Roma è proprio malata di calcio. Lì ci sono due squadre forti e conosciute in Europa. Giocare in una città del genere suscita emozioni fortissime, anche se poi, alla fine dei conti, un po’ dispiace che lo stadio difficilmente venga riempito. Da noi non è così. L’atmosfera che c’è in uno stadio esaurito è meravigliosa, però non sono uno di quelli che dice che influisce poi sulla prestazione del calciatore. Davanti ad un solo tifoso o a 100.000 tifosi bisogna sempre dare il massimo.
In carriera hai deciso più volte di farti intervistare da tifosi…
È giusto che ognuno decida cosa fare in base alla propria coscienza. Una volta sono andato a casa di un ragazzino di 12 anni a farmi intervistare per il suo giornalino scolastico perché mi sembrava carino farlo e credevo di regalare un’emozione ad un mio piccolo fan.
Cose del genere fanno sì che i tifosi siano più vicini alla squadra?
Non lo so. Io sinceramente non lo faccio per questo. Lo faccio perché è un gesto carino nei confronti di persone che per noi fanno molto e credo sia giusto restituire gratitudine a chi dà affetto.
In questa stagione sei sempre stato titolare (32 partite su 32), ma in ben 29 occasioni sei stato sostituito (mai nessuno nella storia della Bundesliga ha subito tante sostituzioni): come te lo spieghi?
È un record del quale avrei fatto volentieri a meno, anche perché in panchina si soffre terribilmente. Non credo che il mister mi sostituisca perché gioco male, anche perché altrimenti non giocherei titolare la gara successiva. Credo sia un discorso di equilibrio tattico. E per il bene della squadra è giusto accettare queste decisioni.
Elmar Bergonzini-www.Calciomercatonews.com
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