NESTA CANOVI – Alessandro Nesta, ex difensore del Milan e della Lazio, ha annunciato pochi giorni fa il suo ritiro. Per ripercorrere le tappe più significative della sua gloriosa carriera, Fantagazzetta ha raggiunto in esclusiva il suo agente storico, il noto avvocato Dario Canovi. Ecco le sue parole:
Nesta ha deciso di ritirarsi. Tornando per un attimo all’inizio della sua carriera, cosa Le viene subito in mente?
“Ricordo quando gli chiesi se avesse voluto farsi gestire da me. Così gli annunciai che avrei parlato di questa cosa anche con i suoi genitori. Ma lui mi disse subito che aveva già deciso e non ce n’era bisogno”.
Una presa di posizione che dimostra quanto avesse le idee chiare il “ragazzo” già a quell’età…
“A sedici anni aveva già una maturità disarmante, incredibile. Ragionava già da uomo. Questo mi colpì molto. Si vedeva ad occhi chiusi che avrebbe intrapreso una grande carriera. Non ci voleva mica un talent scout per stabilirlo…Era facilissimo da prevedere, talmente evidente che non c’era bisogno neanche di ragionarci un attimo”.
Dopo nove anni alla Lazio, la sua squadra del cuore, ecco il passaggio al Milan con la conquista dell’Europa e del Mondo.
“Io a quell’epoca già non ero più il suo procuratore, perché mi aveva fatto la disdetta per passare alla Gea. E’ una cosa che non mi è piaciuta affatto. Al momento dell’addio ho solo ricevuto una telefonata. E poi basta. Veramente spiacevole, considerato che il fratello lavorava nel mio ufficio. Ma questo non cambia assolutamente il mio giudizio sul Nesta calciatore”.
Ovvero, dica pure…
“Lo considero il più forte difensore italiano degli ultimi quarant’anni. Insieme a Baresi ha rappresentato il fiore all’occhiello dell’Italia in quel settore. Un grandissimo campione”.
Chissà cosa avrebbe potuto vincere ancora senza quei fastidosi infortuni che ha subito…
“Credo che abbia vinto parecchio, basta guardare il suo palmares. Tra Lazio, Milan e Nazionale ha conquistato vari titoli. Certo avrebbe potuto vincere di più. Ma c’è il discorso che…”.
Prego…
“Intendo dire che caratterialmente non è mai stato un leader. Non lo era neanche da giovanissimo. E’ sempre stato uno che ha vissuto nel suo mondo. Non era un estroverso, uno che sapeva comunicare con i compagni toccando le corde giuste. Il leader è quello. E questo è stato un suo punto debole. Altrimenti sarebbe stato il capitano del Milan per tanti anni. Ma non lo è diventato, appunto, perché non aveva questa grande capacità di comunicazione”.
Quindi qualità tecniche fuori dal comune, alle quali però non corrispondevano altrettanti doti carismatiche…
“Di sicuro poteva essere un leader di campo. Ma non lo era altrettanto fuori. Nel rettangolo di gioco sapeva guidare, senza dubbio, con autorità la difesa. Però fuori dal campo, ripeto, era un tipo molto introverso”.
Tra i suoi desideri c’è quello di diventare allenatore, come da lui stesso dichiarato. Come lo vede in questa nuova veste?
“Quando era sotto la mia gestione mi diceva sempre che avrebbe voluto fare l’allenatore dei giovani. Non so se nel frattempo abbia cambiato idea, perché non lo sento da allora. E questa tra l’altro è di per sé una cosa incredibile, dato che nel mondo del calcio non ho avuto occasione neanche di incontrarlo casualmente…”.
Una situazione curiosa e allo stesso tempo un po’ paradossale per chi fa parte di questo mondo…
“Sì, assolutamente. Una situazione stranissima. Non l’ho più sentito, né visto. Ribadisco che a quel tempo aveva il desiderio di allenare i giovani, una volta finita la carriera. In tal senso ritengo che sarebbe l’ideale per questo ruolo. Può insegnare tanto ai ragazzi”.
Perché è convinto di questo?
“Perché ha rappresentato un modello di riferimento nella storia del calcio. Non solo in Italia, ma anche in Europa. E aggiungo a proposito che uno dei grandi sbagli del Milan è stato proprio quello di non rinnovargli il contratto”.
In definitiva, pertanto, ritiene che sia meglio per lui iniziare la carriera di allenatore dal basso piuttosto che lanciarsi fin da subito in certe sfide?
“Io ho descritto il Nesta di dieci anni fa. Adesso non so effettivamente quanto sia cambiato in questi anni caratterialmente. A quel tempo avrei detto che gli mancavano alcune doti per fare l’allenatore ad alti livelli. Può darsi che però nel frattempo siano mutati gli scenari. Personalmente, se fosse ancora un mio assistito, gli consiglierei di iniziare dai giovani per vedere poi cosa può fare dopo. Data la sua straordinaria carriera, è naturale fin da subito esercitare nei ragazzi un certo fascino, i quali apprenderebbero con molta più facilità”.
Stella Dibenedetto – www.calciomercatonews.com
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