Quante volte ci hanno ripetuto la solita tiritera riferita al futuro dei giovani nel nostro paese “L’Italia è un paese per vecchi?” Troppe, al punto che a son di ripetere una bugia diventa vera. Noi non siamo mai stati aperti all’innovazione e al cambiamento a differenza degli altri stati europei: piuttosto che investire sul futuro delle nuove leve si è preferito restare sempre subordinati a comportamenti, leggi ed abitudini ormai obsoleti. In una parola possiamo parlare di cristallizzazione della società. La società appunto, nella quale rientra anche il calcio.
Negli ultimi anni siamo stati spettatori di un declino della Serie A pazzesco. Tralasciando le numerose quanto importanti cause relative alla burocrazia, sicurezza sugli stadi e presunti problemi razziali, veniamo al nocciolo della questione: nessuno ha più il coraggio di investire sui giovani. Una volta questi venivano gradualmente inseriti in squadra e trasformati in calciatori con la “c” maiuscola. Oggi, anziché svezzare il talento, sfornato in casa dalle giovanili o prelevato dall’estero non fa differenza, si preferisce darlo in prestito chissà dove, spinti da chissà quale logica. Il risultato è una fuga collettiva dei campioni di domani con conseguente perdita di spettacolo del calcio di oggi.
Ventenni in fuga. Non importa dove ma lontani dall’Italia, una cattiva madre da questo punto di vista. Tantissimi sono i casi da citare partendo, per esempio, da Marco Verratti, centrocampista ex Pescara, vicino alla Juventus ma finito al Psg. Il motivo? I francesi, fidandosi delle potenzialità del giovane, hanno sborsato qualcosa come 12 milioni di euro mentre i bianconeri, o qualsiasi altra squadra nostrana al loro posto, mai e poi mai avrebbero azzardato così tanto per un ragazzo di belle speranze. Aggiungiamo poi i vari Lamela e Marquinhos, sacrificati dalla Roma come nulla fosse in nome del Dio Danaro. Oppure Balotelli, costretto ad andare in Premier e farsi ossa e carriera lontano da casa prima di ritornare come uno degli attaccanti più acclamati del mondo. E la lista potrebbe continuare ancora…
Forse è davvero questo il limite del nostro calcio: ci accontentiamo del presente senza pensare al futuro. Facendo un paragone con i cibi, preferiamo il fast food, dove tutto è pronto subito, piuttosto che il ristorante dove ogni cosa viene preparata con cura e minuziosità. La qualità in quest’ultimo caso è maggiore ma lo è anche il tempo d’attesa e, proprio per questo, non tutti sono disposti ad aspettare in un mondo che non si ferma mai. Nemmeno i club di Serie A. I tifosi vogliono vincere ora, subito, oggi, non domani. Non importa a nessuno puntare sui giovani e cercare di aprire un ciclo vincente perchè per farlo occorrono mesi, forse anni: inammissibile nella testa di un tifoso italiano.
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