Mercato News Obiang Juventus-Vi riportiamo l’intervista effettuata da TuttoSport a Pasquale Sensibile, ex dirigente della Sampdoria:
Pasquale Sensibile, lo scudetto è già assegnato?
«Non ancora. La Juventus è fortissima, negli ultimi 20 mesi ha compiuto un cammino straordinario, è un mix di grandissimi giocatori e di ragazzi che arrivano dal vivaio, dunque allevati da una dirigenza del passato. Come Marchisio, Giovinco, De Ceglie… E’ sempre una grande fortuna per noi dirigenti poter operare avendo come base un lavoro ben fatto da altri in precedenza. La Juve è super, però il Napoli è avversario all’altezza. E mi è piaciuto il modo in cui Allegri è rimasto in equilibrio nonostante le difficoltà iniziali del Milan. Non credo comunque che i bianconeri possano dilapidare un vantaggio simile».
Conte è il migliore?
«I risultati lo certificano. Ma è in buona compagnia. Allegri, Montella, Mazzarri, Maran, Pioli, Donadoni e aggiungo anche Ferrara dimostrano che la scuola italiana dei tecnici funziona sempre».
Un giocatore da consigliare a una big, come la Juve?
«Obiang. Ho un debole per lui e non solo perché l’ho avuto alla Samp. Domani mattina per me può giocare in qualsiasi top club. Qualsiasi. E’ un ragazzo intelligente, pronto per compiere il salto: è maturo».
Fa male stare a guardare, senza calcio?
«E’ una situazione frutto di una grande delusione, cioè la vicenda della Sampdoria. Ma ho metabolizzato l’amarezza, scegliendo una linea di silenzio per oltre due mesi. Ne ho approfittato per portare avanti il mio aggiornamento professionale. E per dedicarmi ancora di più agli affetti privati. Ripeto, sono stato in silenzio, alcune cose le ho sopportate, ora sento che è arrivato il momento di rimettermi in gioco».
L’avventura alla Samp brucia ancora?
«Brucia perché dopo quello che era stato fatto pensavo che non potessero in così poco tempo cambiare alcuni principi di educazione e di rispetto dei ruoli come invece è successo. Un anno e mezzo fa ho ereditato una situazione pesantissima e non l’ho mai utilizzata come alibi: abbiamo smaltito, con il preziosissimo aiuto del mio collaboratore Domenico Teti, un monte ingaggi alto e, lo dico col massimo rispetto, un certo parco giocatori che possedeva poco valore commerciale. Abbiamo vinto in serie B dopo una lunga e difficile rimonta, abbiamo preso decisioni anche impopolari: ci è stato chiesto di ringiovanire la rosa, valorizzarla e abbassare il tetto salariale: abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi, mi riferisco chiaramente al periodo fino a quando ho lavorato io. Eravamo a metà classifica. Siccome la società è un po’ cambiata nel frattempo, evidentemente qualcuno ha raccontato qualche verità diversa. E qualcun altro deve avergli creduto».
Uno dei capi di accusa nei suoi confronti è la questione legata a Maxi Lopez, in particolare per la formula: 2,5 milioni per il prestito più altri 6 di riscatto.
«Ma io ricordo l’eccitazione dell’ambiente quando Maxi è arrivato… Era una scelta tecnica, concordata con Ciro Ferrara per il suo 4-3-3. Io, con l’avallo della società, perché in 18 mesi non ho fatto nemmeno una cosa senza la condivisione totale con Edoardo Garrone, ho perfezionato un’operazione onerosa, ma non drammatica considerato il tipo di giocatore che abbiamo preso. E se poi purtroppo si è fatto male durante la stagione non è certo dipeso dalle decisioni estive».
Così è esploso Icardi: un altro argomento di discussione.
«Il ragazzo mi ha sorpreso, non credevo che avrebbe reso così tanto in così poco tempo. E sono felice per lui. Non prenderò mai la paternità di aver lanciato Icardi: lo ha lanciato Ferrara, solo lui. Ciro, insieme a me, ha avuto il coraggio di credere in una squadra che a detta di qualche attuale importante dirigente blucerchiato non si sarebbe mai salvata. Premesso ciò, un mese prima delle mie dimissioni avevo presentato una proposta di rinnovo per l’attaccante che mi era stata rifiutata. Questa è la verità. E non è vero che ho proposto il ragazzo a dieci squadre diverse di serie B, semmai è il contrario: ho rifiutato una montagna di offerte. E tutto questo è dimostrabile».
E la resurrezione di Palombo?
«Non mi stupisce. Qualcuno ha detto che ci odiamo: falsità. Palombo è stato gestito attraverso decisioni prese e condivise insieme alla proprietà con la quale si era voluto voltare pagina rinunciando al capitano. Ferrara si è attenuto a tali direttive. Se poi, dopo che siamo andati via, Delio Rossi ha avuto altre libertà e ha deciso di farlo giocare è un altro discorso. Ma la nostra non è stata una scelta personale. Dimostrabile anche questo».
E le sue dimissioni?
«La questione del rinnovo del mio contratto era stata tirata fuori dal dg, Sagramola. Il 23 di ottobre, dopo un incontro con Edoardo Garrone, ci siamo stretti la mano. Da lì in poi non ho più avuto notizie di un accordo che era in teoria solo da scrivere. Al 18 dicembre non avevo firmato nulla e sono stato messo nelle condizioni di dimettermi, un po’ come già mi era capitato a Novara. Comunque nel caso della Samp io ero andato via perché era stato esonerato un allenatore, Ferrara, senza nemmeno interpellarmi. Ripeto, tutto dimostrabile».
Ultima curiosità, guardando al futuro: il Toro? E’ una tentazione?
«Non si può parlare di tentazione, perché non ci sono stati contatti diretti e io non farei mai forzature con un presidente. E’ corretto casomai dire che il Torino è un club straordinario: solo pronunciarne il nome ti mette i brividi. L’auspicio è che possa tornare a collocarsi stabilmente dove imposto da una storia unica».
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