SERIA A JUVENTUS BUFFON SCUDETTO – Gigi Buffon, dopo la vittoria dello scudetto, racconta a Tuttosport le sensazioni provate per una vittoria così inattesa. Il tutto, però, poteva essere rovinato dall’unico errore del numero 1 bianconero di tutta la stagione. Quel gesto sconsiderato contro il Lecce che avrebbe potuto compromettere il duro lavoro di un anno.
“Mi vengono in mente due scene. La prima: io che da terra guardo Bertolacci segnare e mi dico… tranquillo, questo è solo un film, adesso succede qualcosa, magari sviene. Non una bella sensazione, anche se con Conte e i miei compagni all’inizio della stagione avevamo messo in preventivo che potesse capitare un patatrac. La seconda? Il silenzio immediatamente successivo alla boiata. Che ti ammazza. Lì ti chiedi: mi massacreranno o mi spalleggeranno?”.
Una vittoria che viene all’indomani di una stagione triste e il rischio di andare via: “C’è stato qualche problemino, in effetti. E molto per colpa mia… Io sono orgoglioso, fatico a passare sopra ad alcuni episodi. Però a lungo andare si finisce per avere torto. Diciamo che sono contento… Sono contento che poi sia andata così. Intendo senza rotture…”, prosegue Gigi.
Il rinnovo del contratto, a questo punto, pare una formalità… “Voglio bene a loro e alla Juventus. Oggettivamente, non vedo per me un altro tipo di soluzione, almeno fino a quando sarò un giocatore importante. Quando non lo sarò più è legittimo che ne prenda atto. Ad ogni modo, sono pronto a firmare. Non mi aspetto niente perché è giusto non aspettarsi niente, se no poi ci sto male. Significherebbe non aver capito che una persona, un professionista, deve esserci fino a quando serve… Ad ogni modo, è fuori discussione che abbia due squadre e tre città nel cuore: la Juventus e Torino sono le entità a cui sono più affezionato”.
La stagione ha detto che la Juventus è tornata grande e che Buffon è ancora il numero uno al mondo nel suo ruolo: “Non si può stabilire con sicurezza, dipende dai periodi. Eppure posso garantire con assoluta sincerità che non molte volte mi sono sentito così bene e con una tale armonia psicofisica. La differenza tra i portieri scaturisce dalla minore percentuale di errore. Quest’anno ho sbagliato solo una volta: una svista da giocatore, non da portiere. Le polemiche del passato appartengono per lappunto al passato. Nulla che mi abbia sorpreso, sia chiaro… Semmai mi ha dato fastidio che, disputate appena 17 partite dopo sette mesi di inattività, qualcuno possa aver identificato in Buffon il problema della Juventus. Una Juventus che è arrivata settima e non prima, tra l’altro…”.
La partita della svolta tricolore? “La prima. Anzi, dalla festa dello Stadium avevo maturato la sensazione che saremmo riusciti a mettere insieme qualcosa di straordinario. Ipotizzarlo ad agosto-settembre era da folli… Ovvio, per tutto l’anno mi sono ripetuto che il secondo posto non sarebbe stato male, però ha prevalso il desiderio di realizzare una grande impresa”.
Lo scudetto dell’orgoglio? “E del gruppo, aggiungo. Può sembrare un’affermazione retorica, ma è la pura verità. Ognuno di noi ha messo la propria firma su ogni partita. C’è stata una continua crescita individuale”.
Il pensiero di Buffon su Agnelli: “Un presidente che possiede un bel carisma. Carisma che trasmette quando parla. Non è mai banale, mai retorico. Andrea è molto, molto ambizioso e poi, a dispetto della giovane età, da vent’anni frequenta questo mondo. Con il vantaggio di aver vissuto l’epopea della Grande Juventus: insomma, sa come si vince”.
Meglio Conte allenatore che giocatore? “Non concordo. Uno come Conte andava sempre scelto per primo nelle partitelle perché era organizzato, tosto e leale. Al pari di Ferrara e Montero… Se è diventato un ottimo tecnico lo deve al fatto che è stato un calciatore di un certo tipo. E qui smonto un luogo comune. Di solito si sostiene che l’allenatore incide poco o nulla; io, al contrario, dico che l’allenatore conta nella misura in cui lo fanno contare società e giocatori. E siccome Conte ha sempre goduto del pieno appoggio di tutti, è stato il valore aggiunto che ha fatto la differenza tra noi e il Milan”.
L’addio di Del Piero consentirà a Buffon di indossare con continuità la fascia di capitano… “Significa che sono vecchio. Undici anni fa sono arrivato con i capelli più lunghi e una buona carriera da ragazzo prodigio alle spalle, ma mi mancava la consacrazione. Dopo 11 anni, posso sostenere con fermezza che, anche potendo, non tornerei indietro. Sono stato fortunato e bravo. Del Piero? Il mio è un arrivederci perché il nostro rapporto e il suo con la Juventus continueranno. Gli consiglio di stare sereno e di essere orgoglioso: sarà il numero uno per l’eternità”.
Stella Dibenedetto – www.calciomercatonews.com