ROMA EUROPA LEAGUE NAUFRAGIO – Troppo facile prevederlo. No, non sono pazzo, non mi riferisco all’amara (e prematura) esclusione della Roma dall’Europa League; avevo solo previsto che fossero tutte balle quelle raccontate , o meglio raccontatesi, dall’ambiente romano al momento in cui l’annuncio di Luis Enrique dimostrò la voglia di fare qualcosa di nuovo, di mai fatto e che questo richiedesse tempo. Quanti ne abbiamo sentiti “non bisogna criticare alle prime sconfitte”, “diamogli tempo e lasciamoli lavorare”; perfino il neofita Di Benedetto ha ripetuto come un mantra che Roma non si è fatta in un giorno. Concetti chiari, semplici ed anche corretti. A parole; perchè al primo intoppo giù fischi e contestazioni, tensione alle stelle e bastoni tra le ruote che arrivano dappertutto a spezzare i raggi di una ruota che timidamente stava cominciando a fare i primi giri.
Non è stata una brutta Roma, anzi. Ha giocato bene, tenuto palla secondo i dettami del tecnico asturiano, e cercato la porta con insistenza e costanza; trovandola anche con buona continuità, salvo poi sparare addosso al portiere stanche pallottole a salve riservando le cannonate per la pista d’atletica. La faccio breve con la cronaca, tanto se ci state leggendo siete quasi certamente romanisti, e se siete romanisti questo lo sapete. Sapete tutto. Allora chioso col mio umile punto di vista.
La Roma sta cercando di fare qualcosa “di unico e di grande”. Rifondare se stessa non dalle proprie ceneri, ma da polvere di possibili stelle. Si è ringiovanita ed ha tante idee ed entusiasmo. Non può promettere risultati e non lo ha fatto; non ha chiesto nulla, solo tempo e lavoro. Non creare le condizioni ideali attorno ad una squadra che si ama è incomprensibile prima che masochistico e controproducente. Vecchie cronache sportive narrano che anche l’avvento di Sacchi al Milan sia stato accolto da malumori, mal di pancia, risatine e grattacapi; Galliani reagì con una semplicità roboante: “chi non ci crede venga nel mio ufficio”. Non si presentò nessuno, ed il seguito è storia, pardon leggenda del calcio. Non vi è nessuna garanzia che il progetto tecnico di Luis Enrique si realizzerà e poretrà a risultati, ma credo si posa essere tutti certi che nell’indifferenza e con le contestazioni alle spalle il fallimento sia la conseguenza più logico.
Se si vuol fare i tafazzi ed immolare la Roma sull’altare dell’insofferenza, del “te l’avevo detto io” lo si faccia, e si resti nel limbo. Grandi sfide richiedono una grande capacità di credere in ciò che si fa, ma anche in ciò che fa chi la sfida la sta giocando in prima persona. Questo non è un atto d’accusa, ma un invito razionale alla razionalità, parola spesso sconosciuta nelle piazze in cui il tifo è febbre, passione e calore vero. In tanti spesso hanno criticato la troppa passionalità dell’ambiente romanista, giudicandola un orpello soffocante, una montagna russa delle passioni che ostacola la continuità di rendimento. Non posso usare le parole che vorrei per dire cosa penso di coloro i quali giudichino in questo modo. Il suo pubblico è il motore della Roma e sarà sempre così. Ma ora serve tenere i giri al minimo e aspettare, non importa in quanto questa squadra farà da 0 a 100. Importa che poi non si fermi più.
Spada Angelo – Calciomercatonews.com
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