CALCIOMERCATO ROMA LUIS ENRIQUE – La splendida vittoria della primavera continua a fornire alla Roma, ed a tutto il calcio italiano, le solite inequivocabili indicazioni su quale sia la strada maestra. Col fair-play finanziario alle porte, col Barca che domina in Europa con 8 calciatori provenienti dalla propria cantera, con quello che costano anche i “bidoni” stranieri e soprattutto constatando che campioni come Baresi, Maldini, Totti, Baggio, Del Piero, Mancini ecc non sono venuti in mongolfiera dal Sud America, ci si chiede cosa aspetti il nostro calcio a puntare fortemente sui giovani, magari italiani (nel senso più ampio del termine). A parole son tutti pronti ma in pratica ci aspettiamo l’ennesima estate con grandinate di argentini, uruguayani, brasiliani low cost mentre Balotelli e Rossi, che a parole rappresentano il nostro futuro, probabilmente non rientreranno in Italia nemmeno quest’anno. Solo la Germania, finora, ha davvero tratto insegnamenti e giovamento dalla debacle del 2006. Ha investito in vivai e stadi, aprendo le porte ai giovani tedeschi di seconda generazione. Ed è tornata protagonista con la Nazionale maggiore, con le giovanili ed a livello di club.
Com’è noto la nuova Roma “stars and stripes” ha affidato il timone a Luis Enrique, ex giovane allenatore del Barcellona B, in cui ha lavorato, non bene, ma benissimo con i giovani. Sappiamo tutti le insidie che nasconde il nostro campionato per i giovani allenatori, ancor più se stranieri. C’è chi crede che non mangerà il panettone, chi vede in Lui(S) il nuovo Carlos Bianchi, ma anche chi si attende tantissimo da questo Iron man appassionato di thriatlon che dalla sua squadra vuole “che scenda in campo pensando a demolire l’avversario”. Non siamo indovini, ma osservatori per cui non sappiamo dire se tutto questo avverrà o se l’illusione durerà poco.
Osservando questo pazzo mondo del calcio da anni non abbiamo potuto non notare che gli innovatori talvolta falliscono ma quando vincono non si limitano a questo: loro cambiano il modo di fare calcio e di pensare al calcio sconvolgendo per sempre ciò che i tifosi sono abituati a chiedere al calcio. Pensate a Sacchi e Guardiola: zero esperienza e milioni di idee spumeggianti nella testa. Dopo di loro il pallone lo si guarda con occhi diversi, inutile negarlo. Ricordo, per esempio, gli anni in cui ridevamo della squadre spagnole e portoghesi che “sapevano solo tener palla” ma non affondavano. Guardiola ha massacrato questo concetto. Chi, oggi, avrebbe la forza di scagliarsi contro un team bravo a tener palla? Il segreto delle vittorie degli allenatori rivoluzionari è sempre stato un giusto mix di capacità e fortuna che ha permesso loro di lavorare con calma, con la fiducia attorno di tutto il proprio ambiente, ed entusiasmo.
Spalletti ha detto che un allenatore va anche lasciato sbagliare. Sono parole sacrosante, la fretta non giova a nessuno; l’entusiasmo e la vicinanza alla propria squadra, se accompagnate da una giusta disposizione alla pazienza sono armi letali, specie in una città appassionata come Roma Adelante, Luis, con juicio… e senza paura
Spada Angelo – Calciomercatonews.com