CALCIOMERCATO MILAN / In pochi, nella Milano rossonera, avrebbero pensato che si sarebbe arrivati a una situazione così: alzi la mano chi a settembre si aspettava un Milan fuori dai quarti della Champions League e sopratutto così in crisi: di gioco, di risultati e di identità. Ma andiamo con ordine. Sul finire del mercato estivo, Silvio Berlusconi tira fuori i suoi colpi a effetto, infilando nella casacca rossonera Ibrahimovic e Robinho, mica i primi che passano. Giocatori di talento affermato, con esperienza a livello internazionale: con Pato e Ronaldinho formano un quartetto micidiale. I tifosi si fregano le mani, hanno già l’acquolina al pensiero di emulare il triplete dei cugini; il trio d’attacco del Barcellona pare aver trovato una degna rivale, anzi. Peccato che durante l’inverno Ronaldinho sacrifichi la nebbia e la fatica di Milano per il sole e la samba carioca: ma la fortuna viene incontro ai Diavoli, Cassano litiga furiosamente con Garrone, non si capisce il confine fra le questioni d’onore e quelle economiche, fatto sta che il Pibe di Bari va a riempire il tassello lasciato vuoto da Dinho. L’ambiente, già galvanizzato da un solido primo posto in campionato, ha ormai il morale alle stelle e dimentica così una delle regole principali nel calcio, prima che nella vita: troppi galli in un pollaio, difficilmente combinano qualcosa di buono. Facile dirlo adesso, obietteranno in molti, ma non era una situazione così imprevedibile. Il giocattolo si è rotto: prima l’eliminazione in Champions ad opera di un Tottenham sicuramente non trascendentale, poi tanti colpi persi in campionato, il vantaggio sull’Inter che va assottigliandosi, nervosismi, una squadra che fatica a creare gioco e a tirare fuori la personalità necessaria. L’attacco atomico del Milan si sta rivelando una bella collezione di figurine. Cosa non ha funzionato? Sicuramente si sono intrecciate problematiche individuali dei componenti del reparto avanzato: Ibrahimovic ha avuto un crollo verticale nelle prestazioni e quindi nelle segnature, culminato con un’inspiegabile pugno rifilato a un difensore avversario. Molti si appellano a un fisiologico calo atletico: puo’ sicuramente essere vero, visto che lo svedese ha giocato ininterrottamente da inizio anno, ma oltre a ciò si evidenzia il solito Ibra allergico alle responsabilità e ai grandi palcoscenici. Interisti e juventini se la ridono, con l’aria di chi la sa lunga. Robinho spiega come mai, nonostante un talento così puro, non sia riuscito a sfondare da nessuna parte: è tanto bello da veder giocare quanto poco incisivo e incline alla finalizzazione; Pato invece è per definizione discontinuo, intervallando prestazioni insipide con giocate inimmaginabili per un attaccante di soli 21 anni: tutto questo senza un minimo denominatore comune. In altre parole, Pato rimane un enigma irrisolto. Cassano infine conferma di non essere tagliato per il ruolo di comprimario: a Genova era l’unico protagonista della manovra, gli bastava dunque una giocata in 90 minuti per guadagnarsi la pagnotta. Strategia impraticabile al Milan, dove ha a disposizione solo un certo minutaggio, per giunta in condivisione con altre primedonne. Lungi dall’autore di questo articolo, il voler intonare un de profundis al Milan; ora c’è una pausa di 15 giorni in cui si possono ricaricare le pile e ritrovare serenità. L’importante è che i giocatori capiscano che non è sufficiente avere sulle spalle il nome Ibrahimovic o Pato per vincere.
Feliciano Galderisi – www.calciomercatonews.com
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