CALCIOMERCATO JUVENTUS PROMESSE – Il risveglio, dopo la terza sconfitta consecutiva, porta con sé amarezza e delusione, processi e sentenze. Il rilancio della Juve è più complicato e impervio di quanto non si potesse aspettare, ma adesso siamo al “salviamo il salvabile”. Gli obiettivi si sono spostati a seconda dell’onda emozionale: ce la giochiamo con tutti, la lotta scudetto è aperta, bisogna conquistare almeno la qualificazione alla Champions League, cerchiamo di non perdere l’Europa minore. Insomma, una corsa del gambero culminata in una crisi tecnico-tattica e di risultati.
MATTONI Sembrava semplice, posare le basi della rinascita. Ma, come ricorda il ritornello di una famosa canzone, anche “Roma non è stata costruita in un giorno”. Vero. Però da giugno sono passati mesi, e si è assistito a un via vai di giocatori senza precedenti. La società, inedita e con idee chiare, ha aperto un nuovo corso che ora ha riportato tutti alla realtà del recente passato. Dieci punti nel 2011, anno delle disgrazie pallonare a strisce bianconere, rispecchiano l’impotenza a più livelli: in sede come nella squadra. Un’empasse chissà quanto propedeutica, perché se l’unità e la condivisione (anche dei momenti negativi) sono di per sé positive, l’immobilismo può invece portare al fallimento sportivo (in parte economico, di pari passo).
EVOLUZIONE? Solo chi non lavora non sbaglia. Vero. E in corso Galileo Ferraris, evidentemente, di errori ne sono stati compiuti, per inesperienza a certi livelli, per fretta, per superare le pressioni d’avvio, forse anche per certe convinzioni di base. Partiamo dalla campagna acquisti. L’ad Beppe Marotta, come ha ricordato sabato sera, ha sposato la rivoluzione concordata con il presidente Andrea Agnelli. Applicandosi con il braccio destro Fabio Paratici. Con alcune linee guida: ringiovanire la rosa, abbassare il monte ingaggi. Una sorta di piazza pulita con il passato, anche per ricominciare per davvero da zero, senza intralci ingombranti di personalità forti all’interno del gruppo. Via gente che ha dato tanto, tutto o quasi alla Juve ( Trezeguet, tanto per non dire), dentro neofiti dell’entusiasmo pronti a mettere in campo vigore ma chissà quanta classe. «Nel prossimo mercato cercheremo di prendere giocatori di qualità, che abbiano esperienza a livello internazionale. Sapevamo che questo sarebbe stato un anno di difficoltà, anche se, onestamente, non immaginavamo di incappare in un filone negativo; però questo è il calcio, bisogna saper reagire », le parole di Marotta che certificano la grande lacuna. Ma il budget messo a disposizione dalla proprietà sarà all’altezza? Il piano deve passare alla seconda fase…
I BIG Erano stati “promessi” due campioni di un certo peso. Edin Dzekoè rimasto una chimera, anche per via della legge sugli extracomunitari cambiata in corso. E’ arrivato Milos Krasic, costato 15 milioni. Ma sulla sua gestione ci sarebbero degli appunti: si sapeva che senza vacanze nell’anno solare e con l’abitudine, da ormai sei anni, di riposare a gennaio e febbraio, sarebbe andato in “catalessi”. Magari bastava allungargli la sosta natalizia di una decina di giorni. Certo, col senno di poi… Sul resto della truppa, i giudizi sono andati sull’altalena, a seconda dei risultati del momento. Alberto Aquilani a costo zero è opera di ingegneria calcistica, Jorge Martinez a dodici è uno spreco. Con annesso risvolto tattico: un allenatore ha fatto notare come i quattro esterni acquistati in estate per il 4-4-2 in realtà arrivavano da ben altre collocazioni nelle rispettive formazioni di appartenenza. Milos, Pepe, Martinez e Lanzafame in realtà sono da 4-3-3 e simili. Insomma, il modulo canonico di Del Neri richiedeva altri interpreti, messa così.
ORDINE La gestione dello spogliatoio, una questione rilevante. La Juve, nella sua complessità, arrivava da annate di anarchia, un po’ colpa della retrocessione in serie B e dei singoli sacrifici portati a credito. Giocatori pronti a batter cassa ogni due mesi, procuratori sempre in agguato, comportamenti un tantino sopra le righe e via discorrendo. E allora vai con il pugno duro: chi è fuori dal progetto, accetti altre destinazioni. Fabio Grosso – che pure poteva andare al Milan e lottare per lo scudetto – e Hasan Salihamidzic finiscono ai margini, salvo essere richiamati nel momento del bisogno. Sissoko malato immaginario lascia perplessi. E un capitolo a parte meritano Gigi Buffon e Alessandro Del Piero, due totem. Intoccabili? Assolutamente no. Il portiere va sotto i ferri decidendo lui tempistiche e di conseguenza ripresa. Per di più zavorra il bilancio societario con un ingaggio monstre (6,5 milioni fino al 2013) che non rientra più nei parametri del club. Cresce la freddezza fra le parti, per mesi e mesi. Poi, a gennaio, Buffon torna abile e arruolabile e la sbandierata concorrenza con Storari («sarà difficile per Gigi riprendersi la titolarità», disse Del Neri anche poco signorilmente) finisce in un amen. E le voci di mercato semplicemente traslocano al prossimo giugno. Il capitano in scadenza, invece, gioca sul suo ruolo carismatico. La società va dritta per la sua strada: rinnovo sì ma solo a certe condizioni. Tra messaggi alla nazione e porte perennemente aperte, la querelle si trascina dove non doveva trascinarsi. E non si è ancora chiusa.
LA TESTA Infine, ma forse siamo solo all’inizio, l’aspetto psicologico: come tenere sotto pressione una truppa in prestito con la spada di damocle del riscatto non sicuro? L’impressione è che dal giro di boa 2011 qualcuno abbia mollato la presa. Da ambo le parti. E la Juve si ritrova a venti punti dal Milan e fuori dall’Europa. Non un successone…
Fonte: Tuttosport
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