PALERMO-JUVENTUS MORGANTI BOVO – Stop a Morganti per 2-3 giornate. E’ il conto da pagare per il rigore non dato alla Juve mercoledì sera a Palermo (mano di Bovo). I vertici arbitrali non si nascondono: turno infrasettimanale molto positivo, ma guastato dall’evidente errore commesso dal fischietto di Ascoli Piceno. Detto questo, dalle parti dell’Aia non sono piaciuti i toni e le allusioni fatte della dirigenza bianconera. Frasi tipo «Calciopoli è finita» oppure «Fermate Morganti» hanno lasciato il segno. Il presidente Nicchi con parole pacate ha fatto trapelare l’irritazione, mentre il designatore Braschi ha scelto il silenzio, rimandando il confronto con Delneri e Marotta alla prossima riunione. Il tormento di Morganti Su un punto convergono i lamenti della Juve e la difesa arbitrale: l’intervento di Bovo era da rigore. La pensa così anche Morganti dopo aver guardato l’azione incriminata in tv. L’esperto direttore di gara non si capacità della svista. E non cerca scuse: «Non so che cosa sia accaduto, ero nella condizione giusta per valutare. Semplicemente ho visto un’altra cosa» ha confessato alle persone più care. In pratica è come se qualcuno gli avesse tolto in diretta il momento in cui Bovo colpisce il pallone con un pugno. Forse una questione di prospettiva, forse un movimento sbagliato. Parliamo di un secondo: perso l’attimo fuggente, Morganti non aveva più nessun paracadute. Le veementi proteste degli juventini non gli hanno fatto cambiare idea. Ma poi davanti alle immagini impietose, ha masticato amaro. Sa benissimo che l’errore gli costerà uno stop. Ma soprattutto il suo pensiero va a fine stagione: il regolamento gli consente di sperare in una seconda deroga (sarebbe l’ultima). La svista rende la strada ripida come il Mortirolo. Certo, se uno volta rientrato l’arbitro dimostrasse la solita affidabilità, i giochi sarebbero ancora aperti. Del resto solo 10 giorni fa è stato premiato come miglior fischietto della scorsa stagione. Ricusazioni impensabili Tornando alle proteste del dopo Palermo, una delle cose che più ha indispettito l’Aia è l’involontaria (almeno questa è la speranza) invasione di campo da parte della Juve. «Non vogliamo più Morganti» è una ricusazione bella e buona. Richiesta inaccettabile per Braschi e Nicchi. Il presidente dell’Aia ieri prima di entrare nella sede della Figc ha commentato: «Sulle questioni tecniche decide il designatore, non io e di sicuro non le società. Errore di Morganti? Non ci sono dubbi» . Chiaro il messaggio di Nicchi: ognuno si assuma le proprie responsabilità, gli arbitri li gestiamo noi così come la formazione della Juve la decide Delneri. C’è poi un altro aspetto che spaventa i vertici arbitrali: il riferimento a Calciopoli è sembrato fuori luogo. Quasi un tentativo di fare ammuina: spostare l’attenzione dai reali problemi dei bianconeri. Anche perché Nicchi ha ammesso l’errore di Palermo, ma sulle altre rivendicazioni che arrivano da Torino le strade si dividono: il gol annullato a Toni e il rosso a Giandonato sono state giudicate decisioni corrette, mentre il rigore su Del Piero in Coppa Italia rientra nelle «scelte border line» . Un saldo più o meno in parità con gli errori a favore (gol in fuorigioco con la Samp e rigore di Bologna). Nessun accanimento. Tantomeno su Krasic. Insomma, punti di vista distanti. Coperta corta Una ricusazione è poi inaccettabile per un altro motivo: Braschi ha solo 20 arbitri a disposizione. Se si accetta la logica dei veti incrociati, il campionato si ferma per mancanza di fischietti in breve tempo. Ecco perché bene o male tutti ruotano e gli stop sono più brevi rispetto al passato. Il problema è nato con la divisione della Can: urge una soluzione perché gli scompensi sono evidenti. Non solo, c’è anche la beffa: gli arbitri di A ora si ritrovano a guadagnare di meno. E questo non aiuta.
Fonte: Gazzetta dello Sport