CALCIOPOLI 2 JUVENTUS INTER BENEDETTO – L’avvocato Giuseppe Benedetto nel 2006, pochi giorni prima della fine del processo sportivo di Calciopoli, lasciò rumorosamente la sua carica di giudice unico del settore giovanile della Figc, che ricopriva allora dopo vari incarichi da “magistrato sportivo” in seno alla Federazione. In una sua polemica lettera a Guido Rossi e in un’intervista al Foglio ne spiegava le ragioni: «Lei, Signor Commissario, aveva già deciso. Quale insegnamento i cittadini di domani possono trarre dall’incredibile processo tutto e solo mediatico a cui abbiamo assistito in questi giorni, in una sentenza annunciata più che dai giudici o dai magistrati direttamente dal popolo? Facile coprirsi le spalle con le intercettazioni. Ma prego, qualcuno potrebbe farmi vedere dove sta l’illecito? Della sentenza ho ribrezzo. Non sono rassegnato, sono semplicemente indignato, quindi mi dimetto. Voglio stare a posto con la mia coscienza. Si trovi un altro giudice, caro Rossi. E’ stato il processo più importante della storia del calcio italiano e non è stato possibile riscontrare neanche una singola partita truccata, neanche un tentativo di truccarla. Caro Rossi, perché non diciamo davvero le cose come stanno e che non si è riusciti a trovare nulla?».
Avvocato Benedetto, si ricorda le sue parole di quattro anni fa?
«Benissimo, purtroppo sono stato un buon profeta. E come i profeti vivo questa situazione con un filo di tristezza, perché ora i fatti mi danno ragione, ma è amaro avere ragione dopo tanto tempo quando si tratta di giustizia».
Oggi Palazzi inizierà una nuova indagine, interrogando Bergamo: c’è la possibilità di riscrivere più correttamente la storia?
«Intanto direi che inizia un’indagine più che una nuova indagine, perché allora non ce ne fu nessuna e di nessun tipo. Oltre a non esserci stata, durante i processi del 2006, una fase di istruttoria dibattimentale, che avrebbe potuto cercare meglio la verità. Fu una vera aberrazione del diritto che partorì un’oscenità giuridica, provocando danni gravi. Fu una farsa, nella quale ognuno aveva una parte preordinata e l’ha recitata pedissequamente. Altro che ricerca della verità! E aggiungo che anche le vittime si attennero al copione…».
Ma l’indagine di Palazzi può portare a un risultato diverso secondo lei?
«Secondo me non è neppure più necessaria. Basta prendere atto di quanto è emerso a Napoli, dove la fase dibattimentale si è svolta e si sta svolgendo in modo corretto. Quel materiale è sufficiente per cancellare il 2006, per togliere quello scudetto assegnato in modo scellerato all’Inter e restituire i due tolti alla Juventus. Sarebbe un risarcimento indispensabile, ma non sufficiente a coprire del tutto i danni di quelle sentenze».
Quando lei si dimise, che aria tirava in Federazione?
«Si respirava un’aria di decisioni già prese, di giustizia popolare che, per me, è sempre giustizia tribale o, come si scrisse, giustizia da bar sport. Gli uomini liberi, come il mio amico Francesco Cossiga, all’epoca lo dissero che una cosa del genere non poteva chiamarsi “processo”, ma non vennero ascoltati. Oggi molti hanno cambiato idea. All’epoca tutti recitavano una parte».
Se lei fosse stato il giudice nel 2006 e avesse avuto a disposizione tutto il materiale a disposizione oggi, come avrebbe deciso?
«Per me era chiaro anche allora che non esisteva un illecito, ma che quel tipo di comportamento era diffuso, ma per quanto censurabile, non certamente riconducibile all’articolo 6. Si sarebbe dovuto punire in modo meno severo e piuttosto intervenire perché quell’atteggiamento generale cessasse».
Fonte: Tuttosport
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