ITALIA-SERBIA ULTRAS – Sicuramente a Genova c’erano anche loro. Gli stessi che domenica hanno distrutto il centro di Belgrado e provocato 120 feriti per impedire al primo Gay Pride della storia serba di sfilare. Il concetto di Pride, cioè orgoglio, per questa gente ha significati folli. I serbi del caos di Marassi volevano dare un altro segnale alla comunità internazionale: comandiamo noi, domenica non si sfilava, stasera non si gioca. Sono persone che rifiutano ogni tipo di integrazione europea, di apertura, di condivisione, di diversità in nome del vecchio sogno della Grande Serbia, libera padrona dei Balcani. Si tratta di teppisti nascosti dietro alla bandiera del nazionalismo che, specie dopo le guerre degli Anni 90 e i bombardamenti Nato, unisce tutti i serbi. Una devianza criminale fiorisce più facilmente in una terra ferita.
MATRICE -Il calcio c’entra poco, al di là dell’aggressione al portiere Stojkovic. Sono stati incidenti premeditati contaminati dalla politica. Per una macabra coincidenza, sono capitati a Genova che nel 2001 fu insanguinata dalla morte di Carlo Giuliani a margine del G8. Gli ultras serbi coperti da passamontagna neri (proprio come iblack blocs)hanno sfoggiato il saluto romano e bruciato una bandiera albanese, esponendo uno striscione scritto in italiano:«Il Kosovoè il cuore della Serbia». Ecco la rivendicazione, l’assurda spiegazione di un malessere sociale. Nessuno tocchi il Kosovo, ancora conteso tra serbi e albanesi. Per il Kosovo, una regione di alto valore culturale per il Paese, i serbi hanno combattuto una guerra. Compiendo a livello militare crimini orrendi, culminati nella pulizia etnica ordinata dal presidente Milosevic, ma soffrendo anche ingiustizie e privazioni di cui è stata vittima la popolazione civile dopo la reazione del mondo occidentale. Questo è il substrato in cui si sono formati i delinquenti che abbiamo visto all’opera ieri. E che ora«attaccano loStato»come ha detto il presidente della federcalcio serba Tomislav Karadzic.
NEGLI STADI– Il loro modello è la “Tigre” Arkan, il feroce comandante delle milizie paramilitari serbe ucciso nel 2000. Arkan cominciò la scalata al potere come capo ultras della Stella Rossa. E proprio allo stadio Marakana reclutò molte delle sue truppe. Gli ultras di oggi hanno legami con la malavita e con l’estrema destra. I giocatori serbi hanno capito subito la loro provenienza: non a caso li hanno salutati con le tre dita, simbolo del nazionalismo serbo durante la guerra in Bosnia.
PORTE APERTE –Come hanno fatto gli hooligans, mix di feccia delle curve di Stella Rossa e Partizan, a raggiungere comodamenteGenova? I serbi sono ormai equiparati a inglesi, tedeschi o italiani. Hanno recuperato da quest’anno la libertà dei viaggiatori europei: dal gennaio 2010 non devono richiedere un visto per le gite all’estero. Per questo, probabilmente, non si sono fatti conoscere prima. Perché in casa loro colpiscono duro da molti anni. Nel settembre 2009, ad esempio, un gruppo di ultras del Partizan ha ucciso a Belgrado un tifoso del Tolosa. Di certo i fatti di Genova, due giorni dopo il Gay Pride rovinato, non gioveranno alla Serbia nell’avvicinamento all’Unione Europa. Occasioni perse che non rendono giustizia a un popolo. Alla fine l’immagine più angosciante di Marassi è il volto triste di una bambina serba nella curva stordita. Lei voleva solo guardare una partita.
fonte: corriere dello sport
la redazione di www.calciomercatonews.com
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