JUVENTUS – OK, i baffi non sono più di moda. Ma chi se ne impor ta. Che c’entrano i baffi con la Juventus? C’entrano, c’entrano. Il doppio 3- 3 con la Sampdoria e con il Lech Poznan è stato soprattutto figlio di inge nuità difensive. E occhio alla parola ingenuità, che è cugina di genuino, can dido, vergine. Bene, i difensori bianconeri in troppe occasioni sono stati teneri nei confronti dei loro av versari, al punto da conce dere una libertà eccessiva che si è trasformata in grottesca sequenza di gol, spesso elementari da mettere a segno. Bene, visto che le tattiche e le strategie di fensive non hanno nulla a che vedere con le teorie del la relatività e visto che i ragazzi bianconeri posso no vantare una cifra tecni ca notevole, il problema è soprattutto mentale. Oc corre un’altra cattiveria quando si gioca a pallone, in particolar modo se si vuole conservare il posto in una squadra che non è esattamente il Borgorosso, ma un club deciso a ritor nare tra i primi in Italia e quindi in Europa.
NON SOLO ATTACCO Sarà un caso ma l’atteg giamento poco “ guerriero” relativo alle due gare su ci tate vede sul banco degli imputati Motta e De Ce glie, due giocatori giovani che hanno nelle loro corde, proprio per il ruolo di esterni bassi, anche la fase offensiva oltre a quella di fensiva. E il loro problema, come si è capito, riguarda questa seconda attitudine. Troppo bravi Marco e Pao lo. Troppo molli. Forse sa rebbe giusto dire anche troppo onesti, ma nel cal cio il fallo, quando serve, è contemplato.
LE FACCE D’ANGELO Come si diceva, il problema di Motta e De Ceglie è che sono cresciuti calcisti camente senza il culto del la marcatura morbosa, asfissiante. Una lacuna che dovranno colmare al più presto perché il calcio moderno non fa sconti: non basta una progressione efficace sulla fascia per cancellare un’amnesia in piena area di rigore. Qui urge un diverso atteggiamento mentale. Chi è marcatore nell’anima sente la sfida con il bomber sin da quando allaccia forte le strin ghe delle scarpe nello spogliatoio a quando l’arbitro soffia il terzo fischio. E’ gente maschia che nasce per combattere nelle retro vie. I difensori, dai palcoscenici di periferia in su, solitamente si riconoscono quando entrano in campo non solo per il numero sulla maglia ma per la faccia e lo sguardo. Spigolosa e con l’occhiata truce. Motta e De Ceglie hanno due visi d’angelo e non devono certo ricorrere alla chirurgia estetica per entrare nella parte, ma un piccolo aiutino, anche psicologico, potrebbero darselo. Come? Magari facendosi crescere un paio di baffi. Un po’ co me fece il diciottenne Beppe Bergomi nel Mondiale vinto dell’ 82 o Claudio Gentile, quando sapeva che doveva applicarsi su qualcuno. Un paio di baffi per gli altri ma anche per se stessi. Per ricordarsi al lo specchio che in questo ruolo il primo obiettivo è non far prendere gol. Se no ci perdi la faccia. Con baffi o senza.
Fonte: Tuttosport
La Redazione di Calciomercatonews.com