JUVENTUS – Volendo creare una allegoria letteraria, la disorganizzata Juventus riposta nell’ostensorio dello stadio “Comunale”, quello nel quale dimorò la grande squadra guidata da Platini, sembra somigliare sempre di più al mediocre Bottini, protagonista giustificabile del “Libro Cuore” di De Amicis.
Questa Juventus, o perlomeno quella sprecona arresasi dinnanzi ad un pareggio, non sembra avere né una volontà proletaria né una bellezza struggente. Ne tantomeno una consapevolezza di squadra in grado di esaltare il racconto di un io narrante ripiegato su se stesso, costretto a tratteggiare una mediocrità a tratti avvilente. Soprattutto per una squadra costretta a rincorrere il risultato, dopo aver faticosamente recuperato l’iniziale risultato di svantaggio. Psicologicamente labile, come confermano le paure, peraltro inspiegabili, nella gestione dei primi minuti di una gara da aggredire, e non da attendere. Dopo la seconda giornata di campionato, l’unica casella nera in una classifica agghiacciante non può e non deve essere giustificata con la volgare, e francamente impresentabile, scusante di un organico ancora da amalgamare.
Persino la prima Juventus di Lippi, quella poi vittoriosa in campionato, nonostante il primo pareggio stagionale, ben diversa dalla precedente guidata da Trapattoni, seppe acquisire con maggiore scioltezza una fisionomia degna sin dalle prime battute di un torneo affidato, per anni, al dominio di un Milan stellare. Al di là dei demeriti collettivi, fisiologici in una sconfitta come in un pareggio rocambolesco, a stupire è l’assoluta mancanza di una fisionomia di gioco accettabile, con un Gigi Delneri in piena apnea emotiva. Quasi involuto rispetto alle sbracciate, ed alle urlate, divenute consuetudinarie sulla panchina doriana, il tecnico di Aquileia ha per la seconda volta sbagliato la tempistica dei cambi, mostrando un certo limite le leggere, ed interpretare, il ritmo della partita. Togliendo i migliori in campo, Krasic e Pepe, in luogo di una svolta tattica, negativa, che ha condotto la squadra dai binari del 4-4-2 a quelli del 4-3-3.
Spremendo oltremodo Del Piero, in letargo per gran parte della partita, e sacrificando per un tempo l’estro di Krasic, unico giocatore in “rosa” a possedere velocità e cambio di passo. Così, nell’attesa di un Chiellini ancora in cerca della condizione migliore, e nella speranza che l’innesto di Traorè, in tribuna per via di una piccola noia muscolare, consenta di rafforzare una corsia al momento mal gestita da “Gambadilegno” De Ceglie, surclassato da Marilungo in occasione della rete del pareggio ligure, appare evidente la mancanza di qualità in un centrocampo raffazzonato, lento. Quanto disi-nibito nella gestione delle ripartenze, quasi mai armoniche. La sensazione, assai netta, è che Aquilani non possa stazionare in panchina. E che, fatta eccezione per Sissoko, apparentemente sulla via di Wolfsburg a gennaio, la turnazione a centrocampo per garantire spazio, e visibilità, al regista romano riguarderà esclusivamente Marchisio. La dirompente forza fisica di Felipe Melo, al momento, non pare temere alcun ribaltone nel settore nevralgico. Anche, se non soprattutto, in virtù di una fragilità difensiva al momento limite invalicabile per la pacifica coesistenza dei due incursori Aquilani e Marchisio.
La sindrome ad imbuto palesata a Bari soltanto due settimane fa, non sembra dunque ancora debellata. In attesa del recupero di “Malachia” Martinez, la dinamicità di Krasic e Pepe andrebbe supportata con la presenza di una “boa” centrale in attacco, e non della fanteria cinese composta da Quagliarella e Del Piero, come accaduto nel caldo pomeriggio torinese contro la Sampdoria. Quando la sola presenza di Iaquinta, pur a mezzo servizio, avrebbe consentito di impensierire maggiormente l’allegra brigata difensiva blucerchiata. E se, a vantaggio raggiunto, a corredo di un’immensa fatica, Delneri non avesse deciso di stravolgere, per l’ennesima volta, la struttura tattica della squadra…
Fonte: Carlonesti.it
La redazione di Calciomercatonews.com
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