TORINO – Incrocio Luciano Moggi a Sportitalia. In trasmissione si parla molto di Juve, del presente e del passato. Lucianone demolisce la prima e rimpiange la seconda. Dice che, con quei 70 milioni di euro spesi da Marotta, lui non avrebbe preso undici giocatori nuovi, ma, prima di tutto, due di grande qualità. Critica la strategia del nuovo amministratore delegato e le scelte del nuovo tecnico. Piazza il Milan davanti all’Inter nella corsa scudetto, grazie a Ibrahimovic e a Robinho. Esalta lo svedese definendolo uomo-squadra. Per la Juve intravede un’altra stagione lastricata di sofferenze. Non sono nessuno e non ho la competenza calcistica di Moggi che rimane uno dei migliori conoscitori del mercato e, gliel’ho detto a più riprese, non aveva alcun bisogno di infilarsi in Calciopoli, avendo costruito la più forte Juve degli ultimi trent’anni. Ma questo è un altro discorso, che riprenderemo il 1° ottobre, quando ricomincerà il processo di Napoli dove la difesa dell’ex dg bianconero promette nuovi fuochi d’artificio. Nel frattempo, Moggi ha il diritto di criticare la nuova Juve nella stessa misura in cui Marotta e Delneri hanno il diritto di lavorare in pace e di godere di tutto il tempo necessario per essere giudicati sulla base dei risultati che avranno ottenuto. L’ultimo è stato il peggior campionato bianconero degli ultimi 48 anni: la rivoluzione era necessaria, la rifondazione indispensabile. Così come è impensabile che le scelte di mercato siano state fatte senza il placet di Andrea Agnelli che Moggi conosce molto bene. Quando si cambiano i connotati a una squadra come sono stati cambiati alla Juve, prendendo 12 nuovi giocatori, il primo errore da evitare è pretendere che i risultati arrivino subito; il secondo è pensare che tutto fili liscio, come se, d’incanto, si realizzassero l’applicazione dei nuovi metodi di lavoro, l’integrazione dei calciatori acquistati con quelli confermati, l’assimilazione degli schemi dell’allenatore. Presentando Traoré e Rinaudo, Marotta dixit: “Abbiamo privilegiato i giocatori orgogliosi di vestire questa maglia, abbiamo coniugato le esigenze di bilancio con l’aspirazione a costruire una squadra forte pur sapendo che il denaro circolante era pochissimo, abbiamo diminuito l’età media dell’organico, abbiamo contenuto il costo dei salari, abbiamo fatto ottimi investimenti nel settore giovanile”. Basta ripensare a che cosa fosse tre mesi fa la Juve di Blanc rispetto alla Juve di Marotta, per rendersi conto dell’abisso che c’è. Anche Moggi lo sa.
Fonte: Xavier Jacobelli per quotidiano.net
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