MILANO – Decalogo: cacciato dal Real, l’allenatore si è preso la rivincita su Perez e non solo. Le grandi nazionali si ricordano per i campioni. Il Brasile di Pelé, l’Olanda di Cruijff, l’Argentina di Maradona, l’Italia di Zoff, la Francia di Zidane. In questo Mondiale si è capito presto che qualcosa non funzionava. Con le grandi star spente, all’inizio, si è parlato molto di allenatori. Capello e le wags, Maradona e i baci ai giocatori, Dunga e il suo look, Domenech in lotta col mondo, Lippi altrettanto. I personaggi erano loro. Vicente del Bosque, se lo filava nessuno. Un po’ come la Spagna, favorita nei pronostici ma emarginata dal centro del palcoscenico. Quasi mai la grande favorita è riuscita a vincere il Mondiale. Qui la Spagna è partita con l’handicap (kappaò nel debutto con gli svizzeri) e da lì è risalita, gol dopo gol. Grazie al vecchio e saggio Del Bosque, la tecnica ha vinto la partita più importante: quella contro i rambo e i profeti del football difensivo e muscolare. Battendo l’olandese Van Marwijk, Del Bosque ha sconfitto anche il modello Mourinho, appena assunto da Perez nel Real. Era stato Florentino a cacciare Del Bosque nel 2003, dopo i trionfi in Champions e nella Liga. Il tecnico di Salamanca difendeva la classe media, devastata dall’arrivo dei primi galacticos. Questione di equilibrio. Lo stesso civile e ostinato equilibrio che, in Sudafrica, gli ha permesso di salire sul tetto del mondo.
fonte: gazzetta dello sport
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