MILANO – Benitez è entrato da solo, senza claque o guardie del corpo, in calzoncini corti e calzini bianchi, con i fianchi generosi che tendevano la t-shirt nera, come un turista da lungomare libero dall’ossessione della bilancia. Ha trasmesso una serenità ancelottiana discutendo di polpo alla gallega e dei problemi di guida a sinistra dopo il lungo soggiorno inglese («Non trovavo il volante»), mentre il maldestro sistema d’areazione della Pinetina gli imperlava il faccione pacioso come al fatale Mou non capitava. A un certo punto gli hanno chiesto: «Come si sente?» E Benitez ha sorriso da bambino: « Contento ». Tra quel «contento», sgorgato spontaneo e il «non sono un pirla » studiato a tavolino per la platea corrono anni luce. Ma proprio questa vistosa differenza di stili non deve ingannare. Non è che l’Inter sia passata dal mago della comunicazione, che piegava i cucchiaini con la forza del pensiero, a un simpatico bonaccione dalle guance rosse. Benitez ha vinto una Champions all’intervallo, rimontando tre gol al Milan di Istanbul: sa piegare i cuori in un quarto d’ora. Per giustificare i suoi chili di troppo Rafa una volta ha detto: «Studio troppo e mangio troppa cioccolata». Studia calcio da quando a 19 anni capì che non sarebbe mai diventato un campione. Ha studiato al Real Madrid con Del Bosque, al Milan da Sacchi, suo profeta, ha insegnato soccer all’Università di Davis (Usa). A Valencia lo chiamavano «el Cura», il prete, perché circolava per il campo con foglietti tattici, il suo breviario. Ha le conoscenze e la personalità per imporle. Non abbassò gli occhi quando polemizzò con Mourinho in Premier nè gli mancò il fegato per dire di Valdano: «Uno che parla e basta». Benitez è molto più tosto di come lo hanno disegnato e anche ieri lo ha fatto intuire. Sa di non poter eccitare le folle come il predecessore. Si sente un po’ Ratzinger dopo Wojtyla. Perciò ha evitato il paragone con Mou, ma ha parlato più volte del «nuovo progetto», ha accennato alle novità (gabbia, palestra) e a «cose diverse da imparare». Come dire: si può fare meglio. Altra precisazione non banale: «Al Liverpool ero manager, qui solo allenatore». Un elegante distinguo per scaricare sulla società l’eventuale responsabilità di cessioni dolorose (Maicon, Balotelli) e di acquisti onerosi ( Mascherano). Arrivasse l’argentino del Liverpool, non passerebbe così per il Quaresma di Benitez. Con la sapienza di un artificiere ha disinnescato poi le domande più insidiose ( Balotelli, in primis). Per non scontentare Sneijder o gli spagnoli ha dribblato il voto sul Pallone d’oro. Non fatevi ingannare dalla sua rasserenante paciosità, Rafa Benitez, el Cura, è furbo come un prete.
fonte: gazzetta dello sport
la redazione di www.calciomercatonews.com
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