ROMA – Nella sfida tra Olanda e Brasile ci sono molte comparse, diversi sconfitti e due solidi vincitori. Uno è Wesley Sneijder, naturalmente, piccolo e grandioso asso dell’Inter, scartato dal Real dell’ultima collezione galactica e rilanciato in orbita dal mago Mou. Dire che si è preso la rivincita su Kakà è poco. Dopo i trionfi nerazzurri, Sneijder centellina le energie — in sintonia con questa versione degli Oranje — ma ogni suo tocco è un gioiello. Disegna assist, provoca autogol, firma reti decisive. In mezzo a molti geometri lascia il suo timbro di architetto. Altra categoria. Il secondo vincitore di Port Elizabeth è il fantasma del vecchio, malconcio, calcio all’italiana. Sarà triste o divertente, a seconda dei punti di vista, osservare come giocano adesso i nipoti di Pelé e Cruijff. Niente futebol bailado, né samba, né coriandoli di qua; niente più calcio totale, né arancia meccanica di là. Difese bloccate e protette, pallonate in tribuna quando serve, sperando che non vinca il migliore come si augurava il paron Rocco, negli anni eroici di Padova. Mai vista un’Olanda del genere, anche se, già nell’Europeo 2008, Van Basten aveva spezzato i tabù per traghettarla verso un gioco più funzionale e utilitaristico. Di sicuro nei prossimi anni, con Leonardo o qualcun altro in panchina, non vedremo più una Seleçao operaia come quella di Dunga. Il Brasile deve prepararsi per il Mondiale 2014 che giocherà in casa: tutti aspettano una squadra spettacolare, travolgente e popolata da tanti piedi buoni nel solco della tradizione. Il dna è quello, non si scappa. Ma alla fine, conterà molto la forza mentale. Forza che è mancata ieri alla selezione di Dunga. Troppo nervosi, tutti. E troppo spaventati dopo il gollonzo del pari olandese, quasi paralizzati. Ancora una volta s’è visto che l’enorme pressione sui protagonisti ha giocato un brutto scherzo nel Mondiale. Tanti psicodrammi orizzontali hanno segnato in misura diversa Francia, Italia, Inghilterra, Portogallo spegnendo la luce dei vari Ribery, Rooney e Ronaldo. Nell’effetto-pressione pesa anche il lungo e blindato isolamento a cui sono sottoposti i giocatori in Sudafrica, per esigenze di sicurezza. Troppe energie non trovano vie d’uscita — per giorni e giorni — e alla fine tornano in circolo come boomerang. Felipao Scolari, in Giappone e Corea 2002, aveva lasciato aperte le porte dell’albergo: forse in quella banalissima chiave, più che nei piedi sublimi di Ronaldinho, c’è il segreto dell’ultimo successo mondiale targato Brasil.
Fonte: Gazzetta dello Sport
Redazione Calciomercatonews.com
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