JOHANNESBURG – La prima parte di Sudafrica 2010 ci aveva preoccupato: gioco mediocre, molta difesa (Svizzera e Grecia maestre del catenaccio), pochissimi gol. Anzi, il record negativo di reti segnate nelle prime giornate. E le grandi faticavano: Spagna, Italia, Francia, Inghilterra e lo stesso Brasile, alla prima partita hanno fallito se non il risultato (la Seleçao ha battuto la Corea del Nord, l’unica squadra-materasso di questo Mondiale, con uno striminzito 2-1), quanto meno sul piano del gioco.
Il Mondiale si è risvegliato col passare delle partite e con la crescita delle grandi. L’Argentina ha messo sotto tutti col fenomeno Messi, la Spagna ha riavviato il motore con Villa, il Brasile ha fatto la voce grossa e la Germania ha mostrato una qualità spesso sconosciuta a Monaco e dintorni: un gioco scintillante con la sua ultima straordinaria generazione.
Terminati i gironi e risolto lo snodo degli ottavi, possiamo dire che il Mondiale non ha più deluso come all’inizio, pur non avendo ancora trovato (probabilmente non c’è) la squadra perfetta. O meglio, ci sarebbe se fosse possibile miscelare le qualità di Argentina e Brasile, l’attacco della Seleccion con la difesa della Seleçao. Pensate a questa formazione: Julio Cesar; Maicon, Lucio, Juan, Michel Bastos; Gilberto Silva Mascherano; Di Maria, Messi, Tevez; Higuain. Mostruosa.
L’Argentina è imperfetta (e resterà tale) anche come gioco, perchè inon possiede un’idea consolidata di manovra nè tanto meno una varietà di schemi. Segue lo stile del Barcellona, ma solo per la parte che riguarda Messi: possesso palla continuo, finchè Leo non trova lo spazio per far valere il suo inarrestabile genio. Non ha ancora segnato, ma basta riguardare le azioni dei 10 gol argentini: quando non c’è il suo piede, è una notizia. Sarà interessante vedere cosa accade con la Germania. Finora nessuna nazionale ha tirato tanto e bene nella sua porta, ma sono bastate le conclusioni del messicano Salcido a far tremare Romero.
Il Brasile non ha entusiasmato, ha giocato davvero bene solo contro il Cile, ma Dunga, a differenza di Maradona, ha cominciato dalla difesa. Non è nello stile della Seleçao, però i risultati finora non sono mancati, anzi. Perfino la Germania sembra più brasiliana del Brasile. Questo Mondiale probabilmente è servito per confonderci un po’ le idee, o forse per cancellare antichi luoghi comuni. La squadra di Loew è di una vivacità impressionante. Sembra un po’ il Brasile e un po’ la Francia del ‘98-2000, ha giovani fortissimi e quanto alla tradizionale concretezza dei temdifensiviste, pi di Sammer va valutata meglio nelle prossime gare.
E’ un Mondiale molto latino, con Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay e Spagna nei quarti. Il Paraguay non ha stupito, molti si aspettavano che entrasse nella storia col suo primo quarto di finale in un campionato del mondo. E’ un po’ come l’Uruguay, lo stile di gioco è consolidato e in più hanno attaccanti forti come Suarez, Cavani e Forlan, e come Santa Cruz, Valdez, Barrios e Cardozo. La risposta dell’altra Europa è nelle mani dell’Olanda: se il suo quartetto magico (Van Persie, Robben, Sneijder, Van der Vaart) si mettesse a giocare tutto insieme, diventerebbe forse la più bella.
E’ stato divertente il Cile per il suo gioco spinto alla massima velocità, hanno sorpreso la Slovacchia (una sola grande partita è bastata per far fuori l’Italia) e in parte l’Usa, sono tornate a casa molto presto le nazionali più la Grecia (marcatura a uomo di Papastathopoulos su Messi: l’età paleolitica del calcio) e la Svizzera. Hanno fallito le africane, il cui processo di crescita si è arrestato proprio quando potevano sfruttare l’amicizia del Sudafrica.
I veri fallimenti li conosciamo bene purtroppo: Francia, Italia e poi Inghilterra. Capello ha detto che bisogna cambiare qualcosa perchè a giugno gli inglesi sono stanchi. Ma non lo sono di meno quelli che giocano in Italia, Spagna e in Germania. Non ci sembra che l’Argentina degli “spagnoli” Messi e Higuain, degli “italiani” Samuel e Burdisso e dell’ “inglese” Tevez sia una squadra stanca. Nemmeno la Spagna dove sono tutti spagnoli. Nemmeno il Brasile, con quasi tutti giocatori europei. Maradona e Dunga hanno cominciato la carriera da allenatori da pochi anni, come delle loro nazionali. Mai in un club. Se arrivano in fondo, anche questo sarà un luogo comune abbattuto: l’esperienza di Lippi e Capello non ha inciso quanto la saggia guida di quei due sbarbatelli della panchina.
fonte: corrieredellosport.it
La Redazione di Calciomercatonews.com
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