JOHANNESBURG (Sudafrica) – Suggestive, festose, simpatiche, simboliche, ma – si può dire? – sono l’anticalcio. E pure antidemocratiche. Le «vuvuzelas» stanno rumorosamente portando via un po’ di calcio dalle partite del Mondiale. Il continuo e indistinto frastuono che accompagna tutte le partite, come si è visto ieri sera in Uruguay-Francia, finisce per creare un tappeto sonoro che copre tutto, il pubblico, il respiro, l’ansia, l’emozione. Le vuvuzelas, assordanti e continue, hanno privato il pubblico del diritto al silenzio, dell’attesa, della paura, dell’attimo prima di gioire, hanno rotto quella magia fatta di partecipazione collettiva, che lega i tifosi ai giocatori, altrimenti perché una partita ad Anfield è sempre più emozionante di una giocata in uno stadio semivuoto? E’ il pubblico che fa la differenza, quando accompagna un’azione, quando si esalta per un calcio d’angolo. Al Bernabeu, durante la finale di Champions League, Inter-Bayern, a un certo punto – su un attacco nerazzurro non particolarmente ficcante – tutto il pubblico, come avesse obbedito a un comando, ha trattenuto il fiato. Non c’era un motivo evidente, ma tutti hanno trattenuto il respiro, o forse ripreso fiato. Ci sono stati dieci secondi in cui, magicamente, nel Bernabeu è calato il silenzio. E’ il respiro dello stadio. Con le vuvuzelas non l’avremmo sentito. Non è sport e anche qualche sudafricano ieri lo ammetteva. Non per niente alle partite di rugby degli Springbocks non entrano. Il rugby è sacro, il calcio un po’ meno. Dunque, fiato alle trombe.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione di Calciomercatonews.com