MILANO – Nelle tre coppe dell’Inter rimangono vistose tracce della sua intempestivissima uscita, della mancanza di rispetto verso molti, del cinico culto del proprio personaggio. Poco male: basterà una rapida passata con uno straccio umido per riporle pulitissime nella bacheca di uno dei club più vincenti del mondo. Lo ricordate quel lungo e tenero pianto del tecnico sulle spalle di Moratti, che cercava di consolarlo con continue carezze? L’abbraccio avveniva sul prato del Bernabeu, a pochi minuti dalla demolizione del Bayern e della conquista del trofeo più atteso nella storia dell’Inter. A distanza di pochi giorni, quasi ore, i due si parlano attraverso gli avvocati. E del resto il pianto liberatorio del tecnico portoghese s’era spento sull’auto blu del Real Madrid che lo ha portato via dallo stadio. Che finezza: è stato come presentarsi all’addio del proprio vecchio e amato partner accompagnato dal nuovo. Ma non sono sensibilità che toccano Mourinho. Eppure il popolo nerazzurro e Moratti avevano diritto a un trattamento pieno di sentimento e signorilità. Le stesse attenzioni di cui lo hanno ricoperto. E magari di qualche scusa. Per esempio per aver abbandonato la barca ben prima che la notte di Madrid premiasse Milito e compagni. Perché anche questo bisogna ricordarlo bene: il vate di Setubal se n’è andato prima di concludere la missione. Nel momento in cui aveva deciso di salire sulla scala Real, quella con i gradini foderati d’oro, non poteva sapere come l’avventura nerazzurra si sarebbe conclusa. E dunque, se è solo il linguaggio dei milioni che Mourinho capisce bene, è giusto che ne paghi 16. Il minimo per aver rotto un contratto e un incantesimo. Non sono un pirla, ci aveva detto il primo giorno. E ci conquistò. Nell’ultimo rischia di smentirsi.
Fonte: Gazzetta dello Sport
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