MILANO – Inutile parlare della finale di Champions: tanto manca poco per capire se dal doplete si passerà al triplete. Preferisco concentrarmi su quello che è appena successo e celebrarlo! 2006-10: un quinquennio di scudetti. Nella storia del calcio italiano fino ad oggi una sola squadra aveva vinto cinque scudetti consecutivi: la Juventus tra il 1930 e il 1935. Per la verità c’era poi riuscito pure il Torino, ma tra il 1942 e il ’49, perché due stagioni non furono disputate per la seconda guerra mondiale. La domanda del day after è da un milione di euro, anzi di dollari, visto che la moneta statunitense è in discreta risalita. Quale il più bello dei 5 scudetti? Rinfreschiamoci brevemente la memoria con un rapido ripasso.
Al di là del primo scudetto a tavolino, l’Inter ha vinto il successivo nel 2006-07 con Mancini in panchina, 30 vittorie (record della sua storia) di cui 17 consecutive (record italiano), 80 gol fatti e 34 subiti, 97 punti conquistati (record europeo) e 15 successi in trasferta (record italiano). Un torneo senza storia, anche perché la Juve era in B e il Milan partiva da -8. L’aritmetica certezza del titolo arrivò addirittura con 5 giornate d’anticipo, proprio a Siena. Era l’Inter di Ibrahimovic e di Vieira, fuggiti dalla Juve retrocessa d’ufficio, ma senza Giacinto Facchetti, il presidente scomparso che Cambiasso ha onorato indossandone la maglia nella festa per lo scudetto in piazza Duomo.
Il campionato successivo, 2007-08, sempre con Mancini in panchina, sembrava già segnato da distacchi abissali al giro di boa. Poi però Ibrahimovic cominciò ad avere problemi a un ginocchio, il Liverpool eliminò i nerazzurri negli ottavi di Champions League e Mancini, in conferenza stampa, sorprese tutti dando l’addio anticipato all’Inter. La squadra, colpita da infortuni a raffica nei ruoli nevralgici, perse quasi tutto il vantaggio ma acciuffò il titolo all’ultima giornata a Parma con una doppietta del rientrante Ibrahimovic.
Nel 2008-09 il titolo arriva dopo l’addio di Mancini ed è il primo di Mourinho, mentre Adriano se ne torna il Brasile e Ibra scopre il mal di pancia che lo porta alla rottura con l’Inter. Fuori in Champions col Manchester agli ottavi, l’Inter è Campione d’Italia alla terzultima giornata ad Appiano, a causa dell’imprevista sconfitta del Milan a Udine. Si avvera la celebre profezia dello Special One: “Milan e Roma, zeru tituli!”
L’ultimo, 2009-10, è ancora cronaca, con la frenetica ricerca dell’anti-Inter, ruolo a cui abdica subito la Juve a favore del Milan. Ma poi la parte di co-protagonista se la guadagna la Roma di Ranieri tra sorpassi e controsorpassi fino all’arrivo al fotofinish. Malgrado il forte rallentamento in campionato, l’Inter diventa inarrestabile in Champions e raggiunge la finale, dopo aver vinto anche la Coppa Italia proprio a spese della Roma. E lo storico triplete è lì da cogliere, dopo la vittoria dello scudetto all’ultima giornata di campionato
Io penso che lo scudetto più bello sia sempre il prossimo ma, dovendoci fermare alla realtà, è ovviamente quest’ultimo, festeggiato in Piazza del Duomo da quasi 50.000 tifosi, almeno stando a quel che ho letto. Mi sono sempre chiesto come facciano le Questure a contare le persone negli spazi aperti che, diversamente, dagli stadi non sono limitati da spalti, ma non importa. Resta il fatto che la straordinaria goduria di questo scudetto risiede senz’altro nei sorpassi e controsorpassi a raffica con la Roma nelle ultime giornate e, soprattutto, nella meravigliosa coincidenza dell’approdo alla finale di Champions League. Perché se fino a ieri l’Inter Campione d’Italia era il risultato dello schema-Ibra più altri dieci, oggi è il trionfo di una squadra, in cui perfino Quaresma ha fatto la sua parte, non giocando mai! Ho letto tanti striscioni bellissimi nella festa che si è protratta fino a notte fonda in piazza del Duomo. Il più divertente è stato ‘Nerone era interista’, che ha probabilmente ispirato anche la vignetta qui pubblicata. Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, imperatore romano dal 54 al 68 dC, è passato alla storia per il rogo del 64 dC, ma pochi sanno che i primi cinque anni del suo dominio furono grandiosi, con uno sviluppo e un benessere senza precedenti. Non a caso gli storici hanno ribattezzato Quinquennium Neronis quel florido periodo dell’Impero Romano. Poi non è dato di sapere con certezza perché Nerone perse la brocca e non è neppure storicamente provato che sia stato realmente lui ad appiccare il fuoco in città. Però che tra i tanti striscioni celebrativi del Quinquennium Interista uno sia stato dedicato in chiave ironica anche al piromane più famoso della storia mi ha fatto ridere. Non ho invece apprezzato e, me ne frego di scontentare gli interisti più estremisti, lo striscione dedicato alle dita di Totti e issato imprudentemente sul pullman dai giocatori. So bene che il ‘consiglio’ l’hanno scritto i tifosi e che i giocatori l’hanno solo raccolto davanti a migliaia di persone in festa. Ma sarebbe stato meglio non mostrarlo sulla fiancata del pullman. Non a caso Moratti e capitan Zanetti si sono dissociati e hanno fatto bene. Quando si vince, non serve stravincere o rispondere per le rime alle altrui volgarità: certe cose, d’ora in poi, lasciamole solo ad altri. Sbagliò Ambrosini all’epoca, che poi si scusò addirittura con un telegramma a Moratti, preceduto da una breve telefonata di Galliani, inbarazzatissimo. E a ruota hanno poi sbagliato tanti altri. La Roma di Claudio Ranieri è stata un degnissimo avversario, il cui campionato eccezionale non ha fatto che impreziosire ulteriormente il successo finale dell’Inter. Le provocazioni, da una parte e dall’altra, hanno fatto parte del gioco fino all’ultimo secondo. Ma si è davvero grandissimi quando poi si riconosce agli sconfitti l’onore delle armi, fregandosene di Totti, di Rosella Sensi e di tutti coloro che hanno alzato il tiro. Senza contare che quanto a tiratori scelti pure noi non abbiamo scherzato con Oriali e, soprattutto con Mourinho, il miglior cecchino del globo terracqueo! Adesso basta, però. Li si è mazzolati in campionato e in Coppa Italia, ora game over! Chi non ci arriva non stia nemmeno a spiegarmi il suo punto di vista. Non lo ascolto nemmeno. Deve venire il momento in cui si celebra solo se stessi e ce ne si frega beatamente degli altri. Io sono uno specialista della materia. Ho capito da anni che chi perde accusa sempre la malasorte, gli arbitri o la luna calante, interisti compresi quando perdevano. A Roma hanno invece fatto una bella cosa nell’accogliere festosi la squadra sconfitta e non credo che a Milano avremmo fatto lo stesso. Ora lasciategli il diritto di recriminare e di incazzarsi con chi gli pare. Loro hanno perso, noi abbiamo vinto e l’Albo d’Oro è lì apposta per ricacciare in gola tutte le chiacchiere da bar. Ora c’è l’ultima partita col Bayern e vada come vada, pure con Mourinho che ha il sacrosanto diritto di decidere il suo futuro, anche perché il contratto dall’anno scorso lo prevede espressamente. L’Inter vincente non è finita dopo Mancini e non finirà dopo Mourinho. In 22 anni di mestiere ho visto andar via un mucchio di allenatori con le pive nel sacco. Lui, l’altissimo, ci lascerebbe onusti di gloria. A me va già bene così, figuratevi dovesse arrivare pure la Champions! Come Elvis Presley usciva dal retro dell’hotel Hilton di Las Vegas sulle note ancora squillanti dell’ultimo pezzo del solito indimenticabile concerto, così lo Special One potrebbe uscire di scena mentre ancora scrosciano gli applausi. I grandissimi fanno così e così diventano miti.
fonte: qsvs.it
La Redazione di Calciomercatonews.com
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