MILANO – L’addio di Leo non è una perdita solo per il Milan. Lo è per tutto il nostro calcio avvelenato. Alla società rossonera era riuscita ancora una volta il colpo di costruirsi in casa un allenatore dal nulla, un po’ come ai tempi di Fabio Capello. Non era stato facile convincere Leo a lasciare la sua comoda poltrona dirigenziale per andare a sedersi su una panchina diventata più bollente del vulcano Eyjafjallajokull dopo la partenza di Kakà e la pensione di Paolo Maldini. Eppure alla fine Leo aveva accettato la proposta e, senza mai abbandonare il sorriso e i modi educati, si era costruito un ruolo perfetto: l’altra faccia del calcio ai tempi di Mou. Operazione riuscita. Il Milan del dopo Kakà è arrivato in porto (qualificazione diretta alla Champions) con una giornata d’anticipo e per tante settimane, prima di essere decimato dagli infortuni (Pato, Nesta, Beckham…), è stato addirittura in corsia di sorpasso sull’Inter vincitutto che pure l’aveva fatto su come un cotechino in due derby su due. Meglio di così il Milan non poteva fare. Anzi, è addirittura riuscito a regalare ai suoi tifosi alcune notti magiche da ricordare come l’impresa di Madrid contro il Real dei milionari. In un anno Leo ha rigenerato Ronaldinho (Dunga si pentirà di averlo lasciato a casa), inventato due terzini di fascia come Antonini e Abate, restituito alla nazionale Borriello. Ha creduto e vinto con il gioco divertente, il suo 4-2-fantasia che ha regalato momenti di puro spettacolo. Con una panchina un po’ più lunga e non l’inutile acquisto di Mancini avrebbe potuto anche ottenere di più. Ma il calcio di oggi è roba da petrolieri, come ha confessato ieri al Corriere della Sera Fedele Confalonieri, e il petroliere d’Italia si chiama Moratti, non più Berlusconi. Impossibile reggere il confronto con una squadra che vende Ibra, ma si porta a casa Lucio, Sneijder, Milito, Thiago Motta, Eto’o e, come regalo di Natale, Pandev. Berlusconi però finge di non saperlo e, unico al mondo, racconta che «il suo Milan vale quanto l’Inter, basterebbe disporlo meglio in campo». Parole come pugnalate che Leonardo ha finto di non sentire una, due volte, mapoi ha deciso di respingere al mittente. In queste condizioni meglio alzarsi dalla panchina. Fare i miracoli e venir preso a bastonate non è cosa anche per un uomo con la sua faccia pulita. Leo ieri ha detto di non sapere cosa farà da grande. Per il Milan è stato tutto: giocatore, dirigente, allenatore. Ha dato e ricevuto tanto. Stasera merita l’applauso di San Siro e il grazie del Milan. Berlusconi compreso. L’unico che può dirci cosa sarà il Milan del futuro, quello che per ora si è portato a casa soltanto Yepes.
Alessio Bianchini – www.calciomercatonews.com