MILANO – L’Inter ha vinto all’Olimpico perché è nettamente più forte della Lazio e resta la squadra migliore del campionato, ma ieri la Lazio non è stata l’avversario che doveva. Squadra morbida, nessuna forma di pressing; l’Inter è arrivata con facilità al tiro nonostante avesse una formazione strana e chiaramente stanca. D’altra parte il popolo della Lazio alla squadra non chiedeva che questo: perdere. Non era tollerabile rischiare di portare lo scudetto alla Roma. Molti dicono che questo sia naturale. Io non credo. Conosco il calcio, sono tifoso di una squadra, ma non riesco a capirlo.
Capisco il tifo contro, fa parte del gioco. Ma non quello contro la mia squadra. Non al punto di andare allo stadio nella straordinaria speranza di vederla perdere. Evidentemente sbaglio perché al momento del gol di Samuel tutto lo stadio è esploso in un tumulto di applausi e sentimenti. Decine di migliaia di persone in festa, che avevano pagato fior di biglietti nella speranza di tornare a casa sconfitti, sanno per forza meglio di me quello che fanno. L’Inter fra l’altro nemmeno ringrazia, ha preso quello che voleva e l’avrebbe preso comunque. Forse qualche rimorso verrà a Totti. Il suo gesto con i pollici in basso subito dopo la fine del derby è stata un’autostrada aperta sul sentimento inverso di questa partita. Non truccata, non comprata, solo non giocata in ossequio alla volontà auto-flagellante della massa.
L’Inter è molto vicina dunque al suo quarto scudetto consecutivo conquistato sul campo. Non calcolo nemmeno lo scudetto proibito, quello tolto alla Juve. Resta un’impresa che non ha precedenti nel calcio moderno, bisogna tornare ai tempi del Grande Torino o alla prima Juventus della famiglia Agnelli. Discutendo tutti domenica dopo domenica e forse, tifando ognuno contro qualcun altro, abbiamo finito per considerare normale un viaggio che è quasi straordinario. L’eccezionalità della Roma (e dell’ultima speranza che ancora le resta), sta nella qualità di 4, 5 suoi giocatori. È attuale. Quella dell’Inter è nel tempo. È nell’insistenza con cui è riuscita a gestire squadre nuove dando a tutte lo stesso risultato. La forza della Roma è quella di lottare contro avversari più forti, infinitamente più ricchi. Quella dell’Inter è di aver finalmente imparato a essere i più ricchi. Credo che tutto questo debba essere riconosciuto e valga molto di più dello spettacolo di ieri all’Olimpico.
La diversità dell’Inter è stata ora capita benissimo anche a Torino. Un Agnelli alla guida diretta della società non accadeva da decenni e in questo momento significa che la famiglia vuole non solo rimanere, ma esserci. Vittorie e sconfitte della Juve saranno direttamente quelle di un Agnelli. È una promessa di investimenti inevitabili, affidati a quello che in silenzio è diventato forse il miglior uomo di calcio italiano: Giuseppe Marotta. Sta nascendo forse il vero avversario possibile.
Fonte: Mario Sconcenrti su Corriere.it
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