NAPOLI – Una risata e vi seppellirò…Le nove e quindici del mattino, l’espressione apparentemente stanca di chi ha dormito poco e invece è ben sveglio: «Direttò, prendete qualche paia di calze » . Il Centro Direzionale, a quell’ora, è un frenetico tra- tran e le voci che si accavallano inseguono semplicemente la quotidianità. «Direttò, soltanto qualche paia di calze » . Il giovanotto ha puntato grosso, giocando d’anticipo su Moggi, buttandogliela lì con la persuasione d’un gentile piazzista che mostra la merce, convinto di avere la battuta convincente pronta per cominciar bene la sua giornata: «Qualche paia, voi c’avete i soldi» . E, invece, quello è un assist invitante, la frase a effetto per sdrammatizzare e (ri)sentirsi il Lucianone del tempo che fu: «Ce li avevo, li ho finiti tutti » .
Un’arringa e mi seppellirò… Le quattordici o giù di lì, le idee appannate dopo rinvii e ritardi, botte e risposte, prima di prendere la parola per una dichiarazione spontanea alla Moggi, un liveshow in piena regola, brandendo il microfono e riservando rimostranze in ordine sparso a Salvagno, l’ispettore di Polizia – arrivato da Torino – e fresco di deposizione: ( « alcune precisazioni relative ad inesattezze dette dal teste: avrei incontrato De Santis nello spogliatoio, a fine partita, bene, ma lo sa questo signore che non era vietato?» ), ai nemici neppure tanto occulti finiti da sempre nel mirino ( « noi non avevamo addetti agli arbitri, come Meani, che entravano negli spogliatoi anche a metà partita. Facchetti ha avuto una inibizione di tre mesi per essere entrato negli spogliatoi a metà partita» ), al colonnello Auricchio, ascoltato due settimane fa ( « che o non ha risposto o ha detto cose fuori posto, come per esempio su Baldini e che dice di avere utilizzato come metodo di indagine la Gazzetta dello Sport, che è il giornale che praticamente fa le sentenze, e per il quale il principio di non colpevolezza non esiste. Le faccio un esempio: la partita di sabato scorso Inter-Atalanta, per la Gazzetta l’arbitro merita 6,5, mentre per il Corriere dello Sport merita 5,5» ). Il monologo è una sequela di annotazione scavate dalla memoria e che spaziano da un dettaglio ad un particolare, e utilizzate in quel soliloquio che il giudice, Teresa Casoria, decide di troncare con assoluta decisione e senza alcun giro di parole: «Qui
non si fanno comizi » .
Fonte: corriere dello Sport
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