MILANO – Ogni tanto torna e diventa l’uomo in più. Ieri, 25 aprile, Zaccheroni lo ha liberato e lui ha fatto festa e sfilato sotto le curve. Vincenzo Iaquinta, un tempo, due gol, Juve tre a zero. Sorrisi e nuovi, leggerissimi profumi europei. É dura, è lunga, è difficile. La zona Champions è lontana assai, ma Vincenzo Iaquinta è tornato. E questa è una buona notizia per Zac e per il suo traghetto ballerino. Per Lippi e il suo Sudafrica. Per lui – Vincè – reduce, sconvolto e felice. Iaquinta segna due gol al Bari, nella ripresa. Il primo tempo guarda l’italiano e aspirante (e concorrente) azzurro Amauri. Non è un bel vedere. Zero a zero, Buffon molto impegnato, il traghetto Zac rischia un altro naufragio. Poi ecco Iaquinta, con la sua profondità, la solita grinta, la solita rabbia. Vincenzo è un centravanti testardo e appassionato. Lotta, scatta, si incazza e usa la freccia. Un po’ di tempo fa, alla Juve aveva superato Amauri e Trezeguet. In Nazionale Gilardino, Toni e il suo amico Di Natale. I tecnici, gli osservatori, e anche qualche giocatore, di lui dicono: non è brillante, non è appariscente ma porta polpa. Cioè sostanza. É stato scritto: Vincenzo non incanta la critica, ma piace da morire agli allenatori. Ancelotti, quando era al Milan, ha cercato in tutti i modi di ingaggiarlo. Lippi lo ha fatto diventare campione del mondo. Ferrara lo ha promosso titolare nella Juve. Zac, ieri, gli ha fatto guidare il traghetto. E Iaquinta, che ha forza e orgoglio, ha risposto da Iaquinta. Con i gol. Dopo le celebrazioni azzurre di Berlino, Iaquinta è accostato al Paolo Rossi di Argentina ’78. Allo Schillaci di Italia ’90. Al Vieri di Francia ’98. Uno che segna al debutto mondiale. Vero: Iaquinta non sbaglia mai una prima. Esordio con gol in Serie C (Castel di Sangro), in B (Padova), in A (Udinese) e pure con la Nazionale di C. Esordio con gol (due) anche nella Juventus. Ha sbagliato, nella sua vita di focoso attaccante, qualche intervento e scelta fuori campo. Richieste di aumenti (a Udine), polemiche, confusione su probabili trasferimenti. Petardate di mercato. Lo volevano gli inglesi, il Barcellona di Frank Rijkaard, lo Zenit San Pietroburgo. In Spagna lo chiamano «Sciacuinta» , qualcuno pensa sia argentino. E invece è un calabrese tosto cresciuto a Reggiolo, Emilia, il paese dove è nato Ancelotti. Un posto di gente semplice e pratica. É alla Juve da tre stagioni e molta sfortuna (quell’ultimo menisco), ha tre figli e non gioca a golf. Ci ha provato, come tanti suoi compagni. «Non sono portato, meglio il ping pong ». E i gol. Vincenzo che non sbaglia mai una prima. E anche l’ultima.
Fonte: Gazzetta dello Sport
Daniele Berrone – www.calciomercatonews.com